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Gianfranco Bacchi, due anni al comando della nave più bella del mondo

di Paolo Ardovino
Gianfranco Bacchi, due anni al comando della nave più bella del mondo

È stato l’unico su 121 ad avere superato i 12 mesi al timone della Vespucci. Ora collabora con la Marina di Cala dei sardi a Olbia e ha scritto due libri

04 settembre 2023
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Olbia Il suo racconto da comandante dell’Amerigo Vespucci è unico. Nessuno dei 121 che lo hanno preceduto al timone della nave più prestigiosa al mondo può vantarsi di una cosa simile. Innanzitutto, ogni comandante resta in carica massimo un anno. Gianfranco Bacchi invece ha ricoperto il ruolo di vertice dall’ottobre 2019 al settembre 2021, due anni. Solo lui e pochi altri hanno superato il limite. L’unicità tutta sua sta però nell’essere diventato comandante durante l’era del covid. Dove tutte le missioni e le cerimonie sul calendario sono state cancellate. Dalla Marina militare gli hanno dato un unico ordine: «Imbarca gli allievi e porta la Vespucci dove vuoi». Una bella responsabilità.

In giro nei mari «Una meravigliosa opportunità», rilancia. Oggi Gianfranco Bacchi (53 anni) collabora alla Marina di Cala dei Sardi, ha la faccia, la barba e la sicurezza tipici del lupo di mare. Dopo qualche anno, quei momenti «dov’ero il marinaio più fortunato del mondo» sono ancora vividi. Non usa gradi, Bacchi, si definisce solo un marinaio. Selezionato come comandante dell’Amerigo Vespucci nell’autunno 2019, a marzo dell’anno dopo era pronto a fare il giro del mondo. La pandemia ha bloccato tutto. «Siamo partiti ma per un unico giro – racconta –. La Vespucci doveva rimanere in navigazione. Ogni giorno si decideva la meta ma potevamo arrivare solo in rada, non in porto. Questo per evitare contatti esterni, eravamo una bolla protetta». Si navigava solo a vela, «ed è stato un modo per imparare ed eseguire navigazioni particolari». Tra i luoghi più belli visti da vicino cita Sant’Antioco, Port Mahon a Minorca, l’isola di Favignana.

Il comandante Ha pubblicato un libro sulle esperienze della sua vita, a settembre ne uscirà un secondo sul concetto di leadership. «Non lo avevo mai usato», ma poi molte aziende lo hanno chiamato per capire come si gestisce una squadra prendendolo come esempio. La sua era composta da 410 persone tra equipaggio e allievi. «Una situazione diversa da tutte le altre – spiega Bacchi –, è una nave dove tutti vogliono rimanere. Il rischio di scendere diventa la punizione, quando mi è capitato di ammonire qualcuno, la frase era “se continui così ti sbarco”». L’ha fatto, rivela. Serve dosare pugno duro e sorrisi, coinvolgimento e autorevolezza, capacità organizzativa ed empatia. «Sai di essere sotto esame e in una situazione dov’è l’equipaggio ad accettare te. Di fatto, c’è tanta aspettativa nei confronti del comandante della Vespucci». Una formula giusta non esiste, del suo passato descrive ammiragli e comandanti taciturni e isolati che gli hanno insegnato molto, «ma io partecipavo molto alla vita in nave, forse ero anche ingombrante». Un tempo, racconta, sul veliero che fa scuola c’era una forte tradizione di nocchieri e motoristi sardi, venivano dalla Maddalena. Negli ultimi anni meno.

Quel che persevera Il padre camionista, la madre realizzava camicie, nel dna le campagne di Forlì. Lontanissimo dall’odore di salsedine e alghe. «A 18 anni non volevo andare come tutti a Bologna a continuare l’università», e leggendo una rivista il giovane Gianfranco Bacchi trova un articolo in cui si parla di accademie navali. Colpo di fulmine. Telefona al numero indicato, partecipa al concorso, lo vince e va a Livorno. «Era il posto giusto, la vita da allievo era tosta, sì, però amavo e amo il mare, sempre pesato di aver fatto bene». Che anche questo articolo possa ispirare futuri comandanti? ride, «magari». Gianfranco è residente in Sardegna da vent’anni. Da quando è capitato sulle coste sarde nel 2003. Comandava la nave a vela d’epoca Capricia, donata dalla famiglia Agnelli alla Marina, «ci fermammo a Cagliari per un grosso problema all’albero di maestra in legno. Mi indicarono un maestro d’ascia a Sant’Antioco, così abbiamo ormeggiato lì e in venti giorni l’albero è stato risanato. Ma mi ero innamorato di quel posto e ho deciso subito di comprare casa a Calasetta. La mia famiglia è lì». Lui per adesso sta sulla sponda gallurese. Dice: «La Vespucci è il punto più alto per un marinaio, non volevo salire di grado chiudendomi in ufficio. Voglio continuare la vita in mare, ciò che amo».

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