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Matteo in missione nell’isola: «Aiuto i bambini malati di cancro»

di Silvia Sanna
Matteo in missione nell’isola: «Aiuto i bambini malati di cancro»

Di Caserta, 22 anni, quando ne aveva 13 è stato colpito dal linfoma di Hodgkin. «Giro il mondo per sensibilizzare le istituzioni sull’oncologia pediatrica»

04 settembre 2023
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A quattordici anni decise che la sua personale lotta contro il cancro doveva uscire da quella stanza d’ospedale per diventare una battaglia per tutti i bambini. Matteo scrisse una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, gli raccontò che là dove vive lui è molto facile ammalarsi di tumore per colpa delle azioni scellerate e criminali di chi della salute se ne infischia: «Io abito a Caserta, qui c’è la Terra dei fuochi, un territorio devastato e inquinato dalla malavita, dove tantissimi bambini e adulti si ammalano e muoiono». Qualche mese dopo, a casa di Matteo D’Abrosca arrivò una telefonata e lui inizialmente pensò a uno scherzo: «Mi dissero che il presidente Mattarella voleva incontrarmi». Era tutto vero, e quel viaggio destinazione Roma, palazzo del Quirinale, segnò il vero inizio della seconda vita per questo ragazzo studioso, straordinariamente garbato e che sognava di diventare un campione di nuoto: oggi, a 22 anni, Matteo ha visitato oltre 40 Paesi, incontrato capi di Stato, partecipato a innumerevoli tavoli istituzionali ed è stato premiato più volte perché, grazie a lui, il tema dei tumori infantili è finito in cima all’agenda dei potenti del mondo, in Europa e in America. Tra poco più di un mese Matteo D’Abrosca sarà in Sardegna: un viaggio lungo, tra sedi delle prefetture, palazzi della politica, associazioni e ospedali, per parlare di diseguaglianze sanitarie, di assistenza ai pazienti – di tipo sanitario, economico e psicologico – e ai loro familiari «perché quando un bambino scopre di avere un tumore, si ammala anche la sua famiglia». Tre anni fa Matteo aveva avuto un primo contatto con il governatore Christian Solinas, poi il Covid ha bloccato tutto. Ma è stato solo un rinvio.

La vita prima «Ero bravo a nuoto – racconta – ho iniziato a frequentare la piscina a 6 anni. A 13, quando mi sono ammalato, ho dovuto smettere e non ho più ripreso». Tutto iniziò con una febbriciattola bassa e persistente, «poi all’improvviso salì sino a 41. I miei genitori mi portarono in ospedale a Napoli, fui ricoverato nel centro di Oncologia pediatrica. Iniziarono a indagare, esami su esami. Non avevo idea di cosa stesse accadendo, ricordo che vedevo bambini molto piccoli senza capelli e pensavo che io non volevo perderli. Poi arrivò la diagnosi: linfoma di Hodgkin, tumore del sistema linfatico. Le cure furono pesanti e i capelli caddero quasi subito. Iniziai a convivere anche con il gonfiore addominale, la perdita dell’olfatto, le frequenti emicranie». Al suo fianco, in ogni momento, c’erano i genitori Marcello e Marisa, occhi stanchi ma sorriso immancabile. Nel bel mezzo della sua battaglia, quando ancora la vittoria era lontana, Matteo confidò a sua madre e a suo padre di voler fare qualcosa, di volersi impegnare per i tanti bambini malati di cancro. Un anno dopo il primo ricovero Matteo scrisse la lettera al presidente Mattarella. Poi dovette affrontare una pesante recidiva del tumore, che si presentò ai polmoni. Altra chemio, altra sofferenza per lui e per la sua famiglia. A 17 anni la svolta, con l’autotrapianto di cellule staminali: oggi Matteo continua a sottoporsi a controlli periodici e segue una serie di regole, ma la malattia è in fase di remissione completa. Nel frattempo la sua adolescenza è volata via in un soffio: «Sono passato dall’infanzia all’età adulta e la mia esistenza è stata condizionata dalla malattia. Per questo ho deciso di trasformarla in una opportunità, anzi l’obiettivo che mi ero posto – di impegnarmi per gli altri – mi ha tenuto aggrappato alla vita, perché mi ha regalato una prospettiva».

La vita adesso L’incontro più recente è stato a maggio: «Sono stato ricevuto al Parlamento europeo dalle massime cariche istituzionali – racconta Matteo – e ho partecipato a un tavolo dedicato al cancro infantile con la presidente Roberta Metsola. Ho proposto l’istituzione del servizio sanitario europeo: credo che questo possa garantire maggiori stanziamenti per la sanità nei singoli Paesi e più trasparenza e legalità per contrastare le infiltrazioni mafiose e garantire equità di trattamento. In Italia le diseguaglianze sono un enorme problema: esistono una sanità di alto livello, con grandi centri organizzati, ma anche aree abbandonate. In generale manca il supporto alle famiglie:quando un bambino si ammala è uno tsunami anche per chi gli sta accanto, tanti genitori perdono il lavoro. Lo Stato deve sostenerli, io voglio portare lo Stato nelle famiglie».

Non solo. Matteo si batte perché chi è ammalato o affetto da una disabilità non venga più discriminato, emarginato: «La politica deve combattere l’ignoranza, ogni Comune dovrebbe avere la figura del Garante delle persone disabili». La missione di Matteo è creare una rete accogliente e confortevole per i bambini e adolescenti ammalati: questo suo desiderio lo ha manifestato a 16 anni alla Principessa di Giordania Dina Mired, presidente dell’Organizzazione mondiale contro il cancro infantile, con lei Matteo ha collaborato nella fondazione Union for international Cancer Control. E a 18 anni la sua popolarità ha raggiunto l’America: «Nel 2019 sono stato premiato alla Casa Bianca per l’impegno sociale e la difesa dei diritti umani nei confronti dei minori malati di cancro, dall’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump».

Durante il periodo negli States, Matteo è stato invitato all'Harvard e alla Hopkins University «dove ho portato la mia esperienza nella malattia inaugurando una campagna sociale alla lotta al cancro infantile». Nel frattempo ha iniziato a vivere la politica dall’interno: appena maggiorenne Matteo è diventato assistente di un Ministro e del Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel primo governo Conte e assistente esterno del Commissario europeo al benessere e alla Salute Vytenis Andriukaitis. «Uno dei miei prossimi viaggi sarà in Sardegna, regione dove c’è un’alta incidenza di tumori in età pediatrica e dove tanti vanno a curarsi nella Penisola. Vuol dire che l’assistenza deve migliorare, che si deve fare di più per chi soffre. È la mia missione».

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