La Nuova Sardegna

Femminicidio

Fabrizio Preti: «Ha ucciso la mia Erika con 57 coltellate e ora è a casa, provo disgusto»

di Silvia Sanna
Fabrizio Preti: «Ha ucciso la mia Erika con 57 coltellate e ora è a casa, provo disgusto»

Il padre della giovane assassinata a San Teodoro nel 2017: «Fricano ai domiciliari perché è obeso e fuma troppo, ditemi se questa è giustizia»

11 novembre 2023
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Sassari Il suo sguardo, dopo la confessione arrivata alla fine di un mese di bugie ripetute tra i singhiozzi “ci hanno aggredito, non sono riuscito a salvarla”, l’ha incrociato soltanto una volta in tribunale. Quella faccia Fabrizio Preti spera di non vederla mai più: «Perché io non sono capace di fare del male a una mosca, ma se me lo trovassi davanti non so che reazione potrei avere. Me l’ha uccisa con 57 coltellate, la mia bimba. Erika era tutto, era il mondo per me e per la sua mamma. Lui la mia bimba l’ha massacrata, ce l’ha portata via. E ora è a casa, con i suoi genitori. Una vergogna, una enorme ingiustizia».

Fricano a casa Fabrizio, 59 anni, è il padre di Erika Preti, uccisa l’11 giugno del 2017 a San Teodoro da Dimitri Fricano, il ragazzo con cui era fidanzata da 8 anni. Erika, 27 anni, commessa, era in vacanza in Sardegna con lui. Ancora qualche giorno e sarebbe rientrata a Biella, dalla sua famiglia. Per Fricano, condannato a 30 anni, il tribunale di sorveglianza di Torino ha disposto due giorni fa gli arresti domiciliari perché in carcere rischierebbe di morire per via dell’obesità. Ora anche lui è a Biella, dove ha sempre vissuto. A due passi dai genitori di Erika.

Fabrizio non si dà pace: «Una pugnalata. Quando l’ho saputo non riuscivo a crederci. Dicono che è obeso, ma chi gli ha dato tutto quel cibo? E fuma 100 sigarette al giorno, ma chi gliele mette a disposizione? Provo disgusto nel sentir dire che le sue condizioni di salute non sono compatibili con la detenzione in carcere. Forse mia figlia era compatibile con il cimitero? Lui l’ha messa lì e nessuno me la potrà restituire. Ma non può finire così. La mia bimba non lo merita». I genitori di Erika sono in stretto contatto con l’avvocato Lorenzo Soro, che li ha assistiti sin dall’inizio, per capire se la decisione del giudice possa essere appellata.

11 giugno 2017 «Ricordo tutto di quel giorno. Era domenica. Erika mi aveva chiamato presto, poco dopo le 8. Era contenta, mi disse “papà oggi andiamo in gita a Tavolara”. Adorava la Sardegna. Le risposi “Divertitevi amore, ci sentiamo più tardi”. Poi io andai in piscina con alcuni amici. A fine mattinata recuperai il telefono, c’erano più di 20 chiamate. Tante da parte di un mio amico che stava proprio a Lu Fraili, vicino alla casa che Erika e quello avevano preso in affitto. Lo richiamai, mi disse “Devi venire, i ragazzi sono stati aggrediti, c’è stata una rapina. No, Erika non posso passartela adesso, ma sta bene”. Poi di corsa all’aeroporto, direzione Olbia. All’arrivo ho trovato i carabinieri ad aspettarmi, mi hanno detto la verità nascosta dal mio amico. Erika era morta, Fricano ferito. Ero sconvolto, volevo capire. Ma non ho, in quel momento, dubitato di lui. Neanche Tiziana, la madre di Erika. Era il fidanzato di nostra figlia, lei lo amava, era felice con lui. Noi ci fidavamo, l’aveva sempre rispettata. Mi sarei accorto del contrario ed Erika me lo avrebbe detto: tra me e lei c’era un rapporto speciale, di grande confidenza». Ma i dubbi emergono subito, perché il racconto di Fricano è contradditorio: parla di un uomo armato, di una rapina, ma non ci sono riscontri. Nessuno ha visto o sentito niente. «Aspettavamo la confessione, arrivata dopo tante bugie e dichiarazioni d’amore per la mia povera bimba. Fricano l’ha uccisa dopo una lite banalissima, si è accanito su di lei. Non ha mai saputo spiegare il motivo. Perché una ragione non c’è».

Dopo quel giorno «Gli hanno dato 30 anni e sapevo che non li avrebbe fatti tutti in carcere. Ma pensavo che almeno per 20 sarebbe rimasto dietro le sbarre. Ora no, è veramente troppo presto per saperlo a casa sua: non ha rubato una brioche o un pollo, ha ucciso la mia bimba. E in questi anni non ha mai chiesto perdono. Solo una volta, in tribunale al processo, ha chiesto di parlare e ha detto che io e mia moglie eravamo brave persone, che l’avevamo sempre trattato bene. Poi ha aggiunto che lui rispettava le donne. A quel punto il giudice gli ha tolto la parola. Anche i suoi genitori, con i quali c’era sempre stato un bel rapporto, non hanno mai chiesto perdono. Solo il fratello di Fricano, Alessio, da subito ci è stato accanto: per lui Erika era come una sorella, lavoravano nello stesso centro commerciale, quando la mia bimba se n’é andata lui ha sofferto tanto e ha detto che il fratello doveva pagare per quello che aveva fatto. Oggi dicono che se sta in carcere rischia di morire, e io la morte non la auguro a nessuno. Ma spero vivamente che venga curato così che in carcere possa tornare presto e scontare la sua pena. Perché è un assassino, l’assassino della mia bimba».

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