Niente risarcimento per i familiari delle vittime del Moby Prince, pagheranno anche le spese legali allo Stato
Luchino Chessa e Nicola Rosetti presidenti delle associazioni dei familiari: «Siamo profondamente amareggiati, ma continueremo nel nostro impegno civico»
Sassari «Siamo profondamente amareggiati dalla sentenza della Corte d’Appello di Firenze (quarta Sezione civile) che ha confermato la sentenza di primo grado e respinto nuovamente la nostra richiesta di risarcimento nei confronti dei ministeri della Difesa e dei Trasporti per la morte dei nostri cari la sera del 10 Aprile 1991 al largo del porto di Livorno». Lo dicono i presidenti delle associazioni dei familiari delle vittime della Moby Prince, Luchino Chessa (Associazione 10 Aprile-Familiari Vittime Moby Prince) e Nicola Rosetti (Associazione 140).
«Rispettiamo questa pronuncia – continuano – ma ci rimane difficile comprenderne la motivazione e la fondatezza, anche su un piano giuridico. Infatti, solo dopo le conclusioni della commissione parlamentare di inchiesta del Senato a gennaio del 2018, che ha sovvertito le lacunose sentenze del Tribunale di Livorno, abbiamo avuto certezza su fatti fino ad allora decisamente negati, quali i tempi di sopravvivenza dei nostri cari a bordo della Moby Prince maggiori di mezz’ora, i soccorsi che non sono mai stati attivati verso il traghetto ma solo nei confronti della petroliera di Eni, Agip Abruzzo, e la assenza di nebbia nella rada di Livorno. Sulla base delle sentenze penali, che escludevano questi fatti, non era in alcun modo possibile attivare una richiesta di risarcimento nei confronti dei ministeri della Difesa e dei Trasporti. Richiesta che abbiamo voluto avviare sulla base di un principio già affermato con sentenza sulla strage di Ustica che riguarda il momento in cui il diritto dei danneggiati può essere fatto valere per la richiesta di risarcimento. Principio che per noi rimane convincente. Ci amareggia molto anche la condanna alle spese legali a favore dei due Ministeri».
«Il presidente Sergio Mattarella - proseguono Chessa e Rosetti -, nel messaggio per il 30° anniversario della strage ha scritto: “Sulle responsabilità dell’incidente e sulle circostanze che l’hanno determinato è inderogabile ogni impegno diretto a far intera luce”. A questo proposito è per noi incomprensibile che la commissione di inchiesta approvata due mesi fa all’unanimità dall’Aula di Montecitorio non sia ancora operativa. È necessario completare il lavoro delle commissioni di inchiesta delle ultime due legislature quanto prima. Per quanto ci riguarda, nonostante questi evidenti cortocircuiti giudiziari, continueremo il nostro impegno civico affinché situazioni paradossali come questa non si verifichino più, per nessuno, certi, come ci ha scritto il presidente della Repubblica nel messaggio del 2021 che “L’impegno civico che negli anni ha distinto le associazioni dei familiari rappresenta un valore civico e concorre a perseguire un bene comune”»” concludono Luchino Chessa e Nicola Rosetti.