La Nuova Sardegna

Dopo il caso Udine

Razzismo nel calcio: anche la Sardegna ha le sue zone d’ombra

di Andrea Sini
Razzismo nel calcio: anche la Sardegna ha le sue zone d’ombra

Sui campi dell’isola il problema non è percepito come grave ma periodicamente si verificano episodi di intolleranza

25 gennaio 2024
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Sassari Non è una terra di razzismo e di razzisti, ma ogni tanto anche in Sardegna il pallone va a finire in qualche pozzanghera. I fatti avvenuti nei giorni scorsi allo stadio Friuli di Udine, con l’uscita dal campo dei giocatori del Milan per protesta contro gli insulti razzisti rivolti al portiere Mike Maignan, portano i riflettori a riaccendersi su un fenomeno che in qualche modo tocca anche la nostra isola.

Razzismo nel calcio Il comunicato settimanale del giudice sportivo della Figc è da sempre una miniera di notizie utili per studi socio-antropologici o semplicemente come termometro della situazione. Ma nel “bollettino” settimanale di quanto avviene sui campi da gioco delle categorie dilettantistiche ci finiscono quasi esclusivamente gli episodi più rilevanti, o comunque quelli notati (e annotati) dai direttori di gara. Resta fuori una galassia di gesti e parole che fanno parte di un sottobosco che si fa ancora fatica a ripulire.

I precedenti Tra gli episodi più recenti di una certa gravità avvenuti sui campi della Sardegna, c’è quello risalente al match Iglesias-Barisardo (Eccellenza) dello scorso novembre, al termine del quale il presidente degli ospiti Roberto Ibba ha dichiarato: «Sono stanco di sentire i miei giocatori insultati per il colore della loro pelle dagli avversari e di vedere che nessuno prende nota e ammonisce chi palesemente adottano comportamenti razzisti». A febbraio 2023 un giocatore del Cardedu (Prima categoria) si è beccato 10 giornate di squalifica per insulti razzisti rivolti a un avversario; identica maxi-squalifica poche settimane prima era stata comminata a un giocatore dell’Antiochense per le medesime ragioni. Ma negli ultimi anni episodi analoghi sono avvenuti a tutte le latitudini dell’isola, da nord a sud (da Trinità d’Agultu e Oristano), dai campionati giovanili (a Sorso e La Maddalena) sino ai massimi livelli: a Cagliari si ricordano episodi simili, che fecero scalpore anche a livello internazionale, con frasi razziste rivolte da alcuni tifosi a Matuidi, Lukaku e Kean.

La testimonianza «Qualche volta in campo si creano situazioni di tensione nelle quali si sentono parole non belle, ma io gioco nei campionati dilettantistici sardi ormai da tanti anni e non posso dire che ci sia un vero e proprio problema di razzismo». Musa Jatta, 26 anni, è arrivato in Sardegna 7 anni fa dal Gambia e ora gioca come difensore in Prima categoria nel Valledoria. «Come sono arrivato? Come tanti miei connazionali – racconta –, con un barcone partito dalla Libia e approdato clandestinamente nel sud Sardegna –. Sono stato per tre anni e mezzo in un centro d’accoglienza, e intanto ho iniziato a giocare a pallone nelle giovanili del Valledoria. Il calcio è sempre stato la mia grande passione. Ho vissuto un solo momento brutto da quando sono qua, mi è capitato 4 anni fa quando giocavo nel Badesi. C’è stato un avversario che durante la partita mi ha detto di tutto. Io pensavo a giocare e basta, ma mentre l’arbitro diceva di non avere sentito nulla, i miei compagni si sono schierati in mia difesa. Questo mi ha fatto molto piacere». Ora Musa abita a Valledoria e ogni giorno si sposta a Badesi, dove lavora come muratore, per poi tornare a Valledoria, dove nel tardo pomeriggio si allena agli ordini dei mister Tommaso Movilli e Giovanni Mallau. «Qua sto bene – assicura – ho una casa in affitto, lavoro, gioco e mi sento accettato. Sia in campo che fuori».

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