La Nuova Sardegna

Elezioni regionali 2024
L'intervista

Elly Schlein: «La Sardegna può dimostrare che la destra non è imbattibile»

di Alessandro Pirina
Elly Schlein: «La Sardegna può dimostrare che la destra non è imbattibile»

La segretaria del Pd Elly Schlein a Ghilarza e Olbia a sostegno di Todde: «Con Solinas 5 anni di disastri. Rispetto Soru, ma rischia di aiutare Truzzu»

10 febbraio 2024
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Sassari Per il centrosinistra le regionali sarde non sono mai state elezioni di routine. Il verdetto isolano ha sempre avuto conseguenze sulla politica nazionale. Nel bene e nel male. Nel 1994 l’Italia appena berlusconizzata subì qui la prima sconfitta e nacque il centrosinistra, un anno prima dell’Ulivo di Prodi. Nel 2009 il ko di Renato Soru costrinse Walter Veltroni a dimettersi dalla segreteria del Pd. Cinque anni dopo la vittoria di Pigliaru fu il primo successo del Pd appena convertitosi al renzismo. Di qui si capisce perché al Nazareno si guarda con grande attenzione a quanto accadrà nell’isola il 25 febbraio. Elly Schlein ne è consapevole. E infatti è corsa nell’isola a dare manforte alla candidata Alessandra Todde, espressione di quel Campo largo che si regge sull’alleanza Pd-M5s, ma che ha visto defilarsi Renato Soru, ex governatore e socio fondatore del Pd, che corre contro i vecchi compagni di viaggio. In due giorni Elly Schlein ha toccato Alghero, Ghilarza, dove ha visitato la casa natale di Antonio Gramsci - tappa obbligata di qualsiasi leader di sinistra venga in Sardegna -, Oristano e Olbia. Una full immersion nella sardità da cui non è rimasto esente neppure Sanremo. «Momento di orgoglio sardo importante con i Tenores di Bitti – ha detto durante la visita alla Nuova –. E ho trovato stupenda l’esecuzione di Mahmood». Ma quella sanremese è stata una piccola parentesi di una visita elettorale intensa che, a 15 giorni dal voto, appare ancora dall’esito incertissimo.

Schlein, la Sardegna alle urne: questo voto avrà anche rilevanza nazionale?

«I sardi meritano un futuro migliore e questa è la situazione centrale. Poi è ovvio che noi speriamo che una vittoria in Sardegna faccia capire che questa destra non è imbattibile. Ma io non guardo mai a una elezione locale o regionale con gli occhi di uno schema nazionale. Anzi, sono abituata a fare il contrario. Parto sempre dall’ascolto del territorio, sento quali sono i bisogni, e magari da questo se ne può trarre lezione anche a Roma. Qui siamo riusciti a costruire su questioni fondamentali per il futuro dell’isola una coalizione ampia attorno a una candidatura competente, appassionata, leale, sincera, innamorata della sua terra. Sono felicissima di sostenere Alessandra Todde».

L’alleanza Pd-M5s è una prova generale per un’intesa a più ampio raggio?

«Il metodo è stato interessante perché insieme è stato dato vita a un progetto per la Sardegna ed è stata scelta una candidatura credibile. Ovviamente la Sardegna ha le sue specificità, ma questo è un metodo che speriamo si possa attuare anche in altri territori. Stiamo cercando di farlo in Abruzzo. Qui la cosa fondamentale è avere costruito una coalizione competitiva per vincere contro una destra che in cinque anni ha fatto talmente tanti disastri che hanno dovuto cambiare il candidato con un’imposizione dall’alto di Giorgia Meloni. Questa è l’ultima cosa che serve alla Sardegna. Non basta nascondere errori e responsabilità. Solinas non era solo ma dalla sua aveva tutti i partiti che lo sostenevano. La responsabilità è di tutta la squadra».

Ma questa alleanza, vedi il caso Soru, trova oppositori nello stesso centrosinistra: come farà a convincerli?

«Noi abbiamo lavorato per evitare in ogni modo questa spaccatura. Il nostro avversario è la destra che tanto male ha fatto alla Sardegna in questi 5 anni, frenandone il potenziale e lasciando più sole le persone con le loro difficoltà. Io ho molto rispetto di Renato Soru, ma dico solo che se lui ha fatto questa scelta convinto di potere vincere anche da solo, tutte le rilevazioni dicono che arriverà terzo e così rischia solo di aiutare la destra. Non è una elezione proporzionale in cui conta portare un punto di vista in più. C’è in gioco il futuro della Sardegna. Da una parte, c’è una coalizione di tante forze che hanno scelto democraticamente una propria candidata, dall’altra c’è una legittima candidatura. Ma questo è il momento in cui deve venire prima il noi dell’io».

Crisi economica, inflazione, caso Pozzolo e altri: perché gli italiani continuano ad avere fiducia in Giorgia Meloni?

«Ci vorrà del tempo per vedere l’effetto delle pessime scelte e dei pessimi interventi del governo sulla economia. Questo esecutivo ha campato per quasi un anno di alcune intuizioni importanti dei governi precedenti, ma non ha preso una iniziativa che fosse una per ridare slancio all’economia. Nella manovra da 26 miliardi l’unico investimento previsto, sbagliato e anacronistico, è il ponte sullo Stretto. Non c’è una visione del futuro di questo Paese, manca un vero piano industriale».

Quali sono oggi le priorità del Paese?

«Le scelte che hanno fatto pesano soprattutto su un ceto medio in grande difficoltà. Questo succede quando si taglia la sanità pubblica. E ricordo che la giunta Solinas in 5 anni è riuscita a fare precipitare la Sardegna dalla decima alla 20esima posizione. Questa destra spinge su un modello che prevede che chi è più ricco può saltare le liste d’attesa e andare dal privato, chi non ce la fa rinuncia a curarsi. Oppure parliamo di inflazione: c’è stata qualche misura presa dal governo per frenarla? Abbiamo per fortuna un tessuto economico resiliente, per cui il peso di questa mancanza di visione, di queste scelte sbagliate si vedrà in un tempo più lungo di questo anno di governo. Davanti a questo fallimento loro si nascondono dietro bandiere identitarie che di solito piantano negli occhi dei più fragili. Di lì le scelte per rendere più difficile salvare le vite in mare o di cancellare l’unico strumento di contrasto alla povertà».

Premierato: perché la posizione del Pd è di netta contrarietà?

«È una riforma pericolosa che stravolge l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Non esiste in alcun altro Paese al mondo. Se oggi il Parlamento decide della vita del governo, domani il capo del governo deciderebbe della vita dei Parlamenti. È una compressione fortissima della democrazia. È il modello dell’uomo solo al comando e noi lo contrasteremo con grande fermezza. Dietro il “decidete voi” di Giorgia Meloni c’è nascosto un colossale “decido io per voi”».

Capitolo autonomia differenziata. Quali sono i rischi di questa riforma?

«L’autonomia sembra andare in direzione opposta a questo accentramento, ma ha tratti comuni con la legge del più forte. Una autonomia differenziata senza mettere un euro è una enorme presa in giro nei confronti delle cittadine e dei cittadini del Sud che hanno già pagato un prezzo altissimo a causa delle diseguaglianze già esistenti. Spaccare ulteriormente il Paese non farà che aumentare quei divari: le regioni più ricche diventeranno più ricche, le più povere ancora più povere».

Sulla guerra in Medioriente si levano sempre più voci per chiedere le fine delle ostilità: come si muoverà il Pd?

«Il Pd chiede un cessate il fuoco da ottobre. Dallo scioccante massacro dei terroristi di Hamas e dall’avvio dei bombardamenti a Gaza che hanno causato una strage di civili inaccettabile. Noi chiediamo il cessate il fuoco immediato per liberare gli ostaggi e portare tutti gli aiuti necessari alla popolazione di Gaza che è fatta per la metà di minori. Il cessate il fuoco è necessario per fare ripartire il dialogo verso la soluzione politica».

Due popoli, due Stati.

«Certo, due popoli, due Stati che hanno entrambi diritto di vivere in pace e in sicurezza. Ma se uno esiste già, l’altro va pienamente riconosciuto dalla Unione europea. Su questo la comunità internazionale deve fare molto di più, deve avere un ruolo diplomatico e politico. La voce dei nostri singoli Stati è afona, l’Unione deve trovare una voce sola e forte, altrimenti non conterà nulla».

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