La Nuova Sardegna

Elezioni regionali 2024
L’intervista

Stefano Bonaccini: «Il Campo largo è la strada giusta, ora la battaglia a difesa della sanità pubblica»

di Alessandro Pirina
Stefano Bonaccini: «Il Campo largo è la strada giusta, ora la battaglia a difesa della sanità pubblica»

Dobbiamo mettere da parte gli egoismi: più allarghiamo la coalizione e più facile sarà vincere

28 febbraio 2024
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Sassari  Quattro anni fa la sua vittoria ridiede speranza a un centrosinistra che sembrava abituato a collezionare solo sconfitte. Era il gennaio 2020, il Covid si era già insinuato in noi ma non ne eravamo consapevoli, al governo c’era Conte non più con Salvini ma insieme al Pd. L’Emilia-Romagna era considerata l’Ohio d’Italia, la destra voleva strapparla alla sinistra, ma il tentativo fallì grazie all’impresa di Stefano Bonaccini che, supportato dalle Sardine, staccò di 9 punti la candidata della Lega.

Quattro anni dopo a firmare l’impresa è stata Alessandra Todde, che alla guida del Campo largo ha assestato la prima sconfitta al centrodestra di Giorgia Meloni, riportando entusiasmo in un centrosinistra che ultimamente sapeva solo leccarsi le ferite. Ne è convinto anche lo stesso Bonaccini, in veste anche di presidente del Pd.

Presidente Bonaccini, quale significato assume a livello nazionale la vittoria di Alessandra Todde?

«Intanto, dal mio punto di vista, è un’ottima notizia per i sardi. Una bella affermazione di Alessandra Todde che ha condotto una campagna elettorale tra le persone e nel territorio, mentre la destra sceglieva il proprio candidato a Roma, facendosi beffe del giudizio locale. Ha assunto però anche valenza nazionale questo risultato, sia perché i leader della destra hanno voluto chiedere assieme in pompa magna convinti di avere già vinto, sia perché è la prima crepa che si apre nella destra da quando è andata tutto assieme al governo del Paese: pensavano di essere invincibili, invece la destra si può battere. Vanno letti però bene i numeri e lo stesso voto alle liste dimostra che la destra mantiene comunque ancora forte consenso elettorale e radicamento social».

Ha mai avuto dubbi sulla candidatura di un’esponente del Movimento 5 stelle?

«Pd, 5 Stelle e il resto della coalizione hanno deciso insieme di sostenere Todde, partendo dal programma, dalle priorità dei sardi e dalle risposte da dare alle persone e alle comunità. Un metodo che si è rivelato vincente e per questo ho voluto ringraziare la nostra segretaria, Elly Schlein, per il lavoro svolto assieme alla comunità del Pd sardo. Dobbiamo mettere da parte gli egoismi e smetterla di pensare che il candidato migliore sia quello che appartiene a un partito piuttosto che a un altro: più allarghiamo la coalizione, più è facile vincere».

I numeri dicono che la vocazione maggioritaria del Pd non può esistere. L’alleanza col M5s è d’obbligo ovunque?

«Già nel 2020, alle regionali in Emilia-Romagna, cercai di coinvolgerli nella coalizione larga di centrosinistra ed esperienze civiche che ci permise di sconfiggere la destra e la Lega di Salvini che veniva da una lunga serie di Regioni vinte, ma il Movimento, pur legittimamente, rifiutò. Successivamente, però, vincemmo insieme in città importanti come Bologna o Ravenna, dove governiamo insieme, e lo stesso avviene altrove. Non si può pensare di costruire un’opposizione credibile adesso e una coalizione in grado di vincere la prossima volta che si tornerà a votare senza un fronte progressista e riformista il più ampio possibile. Per questo auspico che vengano coinvolti anche i moderati, senza lasciarli ad una destra antieuropeista nella quale non si riconoscono. Come sta accadendo in Abruzzo. Una cosa comunque è certa e il voto di domenica scorsa lo dimostra: il Pd da solo non può farcela, ma senza il Pd è impossibile per chiunque costruire l’alternativa per battere la destra».

Il Campo largo così come è stato proposto in Sardegna con Pd, M5s, sinistra e movimenti centristi può essere la prima vera alternativa al centrodestra a guida Meloni?

«È la strada giusta. Costruire un’alternativa alla destra che parli a tutti gli italiani passa per un centrosinistra il più esteso possibile, capace di allargare, coinvolgere le persone. Impegnato sui problemi di cittadini, famiglie, imprese, non sulla competizione interna».

Il Campo largo può essere una riedizione dell’Ulivo?

«Parliamo di un’epoca storica molto diversa da oggi. Ma di quell’esperienza eccezionale, resta un insegnamento importante: il centrosinistra è più forte se diventa un punto di riferimento anche per una parte di società civile che non si riconosce nei partiti, e anche oggi ci sono tantissime energie che chiedono di essere ascoltate e coinvolte. Facciamolo sempre di più».

Il voto sardo rappresenta la fine della luna di miele tra Giorgia Meloni e il Paese?

«La mia impressione è che, seppure il consenso della premier sia ancora molto forte, la luna di miele sia terminata. Peraltro non sarà un anno facile, perché hanno fatto troppe promesse e irresponsabilmente indicato una crescita economica molto più alta di quella reale, per cui temo saranno costretti a una manovra correttiva di bilancio dopo le elezioni europee. A questo si aggiunga che sta diminuendo sensibilmente il potere d’acquisto dei salari e di conseguenza di tanti cittadini e famiglie. Il Governo dunque potrebbe indebolirsi ed è per questo che il centrosinistra deve farsi trovare pronto con proposte concrete che diano risposta ai bisogni dei cittadini. Ne dico una: il Pd deve guidare una campagna durissima, nelle istituzioni e nel Paese, contro lo smantellamento della sanità pubblica che sta mettendo in atto questo Governo».

Il 10 marzo si vota in Abruzzo, dove il Campo largo comprende anche Italia viva e Azione. Siete ottimisti? «C’è un’ottima candidatura in campo, quella di Luciano D’Amico, una larga alleanza e un programma convincente. È difficile, ma non impossibile. Lavoriamo tutti pancia a terra, comune per comune, casa per casa, perché vincere si può e la destra si può battere, come ha dimostrato la Sardegna»

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