La Nuova Sardegna

Fonti rinnovabili

Energia, aree idonee per gli impianti: pronto il decreto

di Giuseppe Centore
Energia, aree idonee per gli impianti: pronto il decreto

Palazzo Chigi licenzia la versione finale. A giorni la firma dei ministri interessati. Per la Sardegna rimangono obiettivi e obblighi temporali: aumentano i vincoli

30 maggio 2024
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Cagliari Il decreto sulle aree idonee all’installazione delle rinnovabili è in fase di firma. Ieri l’ufficio legislativo di Palazzo Chigi ha licenziato la versione finale del testo, che adesso avrà un breve passaggio alla Conferenza delle Regioni e poi riceverà la firma prima del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin e poi dei colleghi della Cultura (Sangiuliano) e Agricoltura (Lollobrigida). Il governo ha accolto alcuni dettagli chiesti dalle Regioni, ma ha lasciato inalterato il cuore del provvedimento: gli impianti di rinnovabili in tutto il paese vanno fatti, tanti e subito. Se questi due criteri non venissero rispettati subentrerebbero in tempi rapidi i poteri sostitutivi del governo. Per capire la realtà delle quantità in gioco, basta partire dalla capacità aggiuntiva che il governo esige dalle Regioni entro il 2030: 80 gigawatt di capacità ulteriore rispetto a quella attuale. Pochi o molti? Basta guardarsi alle spalle. In venti anni, dal 2000 al 2020 in Italia sono stati realizzati impianti per 38 gigawatt. Venendo a noi. Negli ultimi 20 anni in Sardegna sono stati realizzati impianti per 2,3 gigawatt. Da adesso al 2030 ne servono altri 6,2. E forse non basteranno perchè la caratteristica dell’energia prodotta dalle rinnovabili è la sua indeterminatezza temporale. Calcoli ormai certi danno una “capacità” di energia prodotta da fotovoltaico e eolico pari a 1/4 della potenza nominale. Servono tanti impianti, quattro volte più di quanto ci si aspetti. Per legge fisica.

Il decreto, definito il quadro globale, ribadisce che spetta alle regioni scegliere la cornice locale. Sono solo loro, con apposita legge (da fare entro sei mesi, pena il commissariamento, e da rispettare, pena lo stesso provvedimento) a scegliere quattro ambiti: le aree idonee, con iter autorizzativi agevolati e accelerati; le aree non idonee; le aree ordinarie, dove il processo autorizzativo è standard; le aree agricole dove è vietato il fotovoltaico a terra (per l’isola il 60 per cento del territorio). L’unica concessione politico-amministrativa alle Regioni, che rischia però di diventare un cappio, è quella sui “principi e criteri per l’individuazione delle aree idonee”, all’articolo 7 dove si invitano le regioni a tener conto «per agevolare il raggiungimento degli obiettivi», del «principio di tutela dell’ambiente, del territorio, del patrimonio culturale, del paesaggio, della salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità, del potenziale produttivo agroalimentare e dello sviluppo sostenibile». In pratica di tutto, forse troppo. Subito dopo infatti il governo chiede di adeguare l’idoneità delle aree alla fonte alla taglia e alla tipologia degli impianti.

In altri punti del decreto il governo ribadisce un concetto anche poche righe sotto espresso: le Regioni applichino i criteri che ritengono opportuni, i vincoli e i limiti dovuti, ma devono comunque «garantire» il raggiungimento degli obiettivi, «aggiornando e coordinando con questo decreto ogni norma precedente, inclusa quella ambientale e paesaggistica». Naturalmente facendo salve «le competenze delle regioni a statuto speciale che provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei rispettivi statuti». Consentito infine lo scambio di capacità assegnata tra le Regioni, ma lasciando inalterato il totale nazionale.

Nonostante un ambito regolatorio apparentemente più morbido, la cornice nella quale le Regioni, Sardegna compresa, dovranno muoversi è molto stretta. Due obblighi non vengono per nulla ammorbiditi rispetto alle precedenti versioni del decreto: la tempistica, subito, e la quantità di rinnovabili da installare. Tanta.

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