La Nuova Sardegna

Intervista

Giuseppe Conte: «Le Europee sono un bivio storico tra guerra e pace, da Giorgia Meloni soltanto tagli e tasse»

di Alessandro Pirina
Giuseppe Conte: «Le Europee sono un bivio storico tra guerra e pace, da Giorgia Meloni soltanto tagli e tasse»

Il presidente del M5stelle a tutto campo su elezioni, opposizione e politica estera. «Il governo gioca con la Costituzione e condanna le aree più svantaggiate del Paese»

01 giugno 2024
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Giuseppe Conte a tutto campo a una settimana dalle elezioni. Dal rapporto con gli alleati all’opposizione netta al governo Meloni su riforme, politiche del lavoro e politica estera, il presidente del Movimento 5 stelle si prepara ad affrontare il voto degli italiani tra Europee e amministrative.

Presidente Conte, cosa rappresentano queste elezioni europee?

«Un bivio storico fra guerra e pace. Decidiamo le sorti dei nostri giovani: c’è chi vuole mettergli una mimetica e un fucile in mano e chi, come noi, vuole garantirgli uno stipendio adeguato e non tirocini gratuiti, la possibilità di firmare un mutuo, di sperimentare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Dobbiamo fermare i tagli da 13 miliardi l’anno del Patto di stabilità europeo approvato da Meloni, che colpiranno anche la sanità. Solo il M5S si è opposto a questa sciagura all’Europarlamento».

Cinque anni fa il M5s contribuì alla nascita della maggioranza Ursula che confermò von der Leyen alla guida della commissione. Cinque anni dopo qual è la vostra posizione?

«Quando siamo stati decisivi sono partiti investimenti in transizione ecologica e l’Italia ha vinto la storica sfida dei 209 miliardi del Pnrr dopo anni di sconfitte in Europa. Trovo deludenti invece gli ultimi mesi, stiamo passando dalla transizione ecologica a quella militare. Diciamo No a un’economia di guerra».

Lei è uno dei pochi leader che ha scelto di non candidarsi. Non crede che la sua popolarità avrebbe “aiutato” i candidati del M5S meno conosciuti?

«Mi interessa aiutare la politica a recuperare la faccia piuttosto che ingannare gli elettori già nella scheda, con candidature fasulle. Non competiamo ad armi pari con gli altri, forse perderemo qualche voto, ma proviamo a seminare l’idea di una politica diversa, che rispetta le persone».

Oggi il Movimento 5 stelle come si colloca politicamente?

«È una forza progressista. Abbiamo approvato in Italia le più grandi riforme degli ultimi decenni contro la povertà, la corruzione e la precarietà oltre a incoraggiare una crescita economica nel segno della tutela dell’ambiente».

Perché il governo Meloni, nonostante numerosi passi falsi, continua a godere del favore degli italiani?

«Giorgia Meloni finge di essere “una del popolo” anche se è da 30 anni in politica. Il popolo, quello vero, lo ha messo in ginocchio fra tagli alla sanità, nuove tasse anche sui pannolini dei neonati, nessuna misura per aiutare i cittadini alle prese con i mutui delle case. In compenso Meloni accarezza le banche: nemmeno 1 euro di tassa sugli extraprofitti. Patrioti coraggiosi!».

Vi state battendo contro il premierato: quali conseguenze avrà sulla nostra Repubblica?

«Un antipasto delle idee di Meloni lo abbiamo già avuto. Hanno fatto carta straccia delle proposte e del dibattito parlamentare su salario minimo e conflitto di interessi. È questa la loro idea: un premier che comanda senza limiti e contrappesi, con un Capo dello Stato e un Parlamento nel ruolo di “comparse”».

Autonomie differenziate: perché no?

«Meloni e Salvini giocano con la Costituzione come con le figurine: io ti do il premierato, tu mi dai l’autonomia. Così condannano le aree svantaggiate del Paese a non poter recuperare terreno: rimarranno con sanità e servizi di serie C. Noi difendiamo l’unità del Paese».

Lavoro, ha appena firmato il referendum della Cgil contro il Jobs act. Reddito di cittadinanza e salario minimo continuano a essere i vostri cavalli di battaglia?

«Grazie ai tagli di Meloni tocchiamo il record storico di povertà assoluta: 5,7 milioni di cittadini non hanno da mangiare. Ci batteremo per una direttiva europea sul Reddito, che diventa ancor più urgente visto che con l’intelligenza artificiale resteranno in molti senza lavoro. Serviranno sostegni e formazione. Il salario minimo legale sarà sempre la battaglia del M5S, siamo contenti di aver convinto il Pd e altre forze che prima erano contrarie».

Riforma della giustizia: tutta da buttare?

«Il Governo, anziché lavorare per riformare la politica in preda alla corruzione e al voto di scambio, aggredisce la magistratura, vuole controllarla e indebolire le armi dello Stato contro il malaffare. È uno scandalo, l’Italia perbene deve reagire».

De Luca e Meloni: con chi sta?

«Con nessuno dei due. Condanno gli insulti di De Luca, seppur avvenuti in una conversazione privata. Meloni è riuscita a fare di peggio. Ha sfruttato un’occasione formale e solenne, di fronte ai giovani di Caivano, per fare uno show a servizio della sua campagna elettorale e di ripicche da palazzo. Mette i sondaggi prima del bene comune e delle Istituzioni».

Questa tornata elettorale arriva dopo tre elezioni regionali: perché il Campo largo ha funzionato solo in Sardegna?

«Le alleanze sui territori non sono alchimie di palazzo né sommatorie di cartelli elettorali. Abbiamo trovato convergenze programmatiche in Sardegna, dove la proposta di Alessandra Todde è risultata credibile e vincente. In altre situazioni non sono maturate le stesse condizioni, ma per noi non c’è nessun pregiudizio ostativo».

Fra una settimana si vota anche per le amministrative. La spaccatura nel Campo largo a Firenze e Bari non rischia di consegnare alla destra due roccaforti del centrosinistra?

«Si tratta di situazioni estremamente differenti, su Bari il dilagare di quella questione morale che sta dilaniando il paese da nord a sud ha avuto un’incidenza particolare. Noi su questo siamo intransigenti: non c’è intesa politica possibile quando è a rischio la trasparenza e il rispetto dell’etica pubblica. Dobbiamo restituire credibilità alla politica».

Con il Pd di Elly Schlein siete alleati quasi ovunque, ma talvolta sembrate avversari. Come sono i vostri rapporti?

«Non c’è nessun ostacolo al dialogo, nonostante sui media si ricami molto su alcuni confronti dialettici che abbiamo avuto. E credo sia giusto così: è necessario capirsi e sciogliere i nodi per costruire una proposta politica alternativa credibile».

Le maggiori divisioni sembrano riguardare la politica estera, l’Ucraina soprattutto.

«Il M5S su politica estera e guerra ha una sola linea: siamo coesi, lo hanno dimostrato anche le nostre azioni in Parlamento. In altri partiti invece si parla di pluralismo... ma su temi del genere serve un indirizzo univoco. Stiamo rischiando la terza guerra mondiale, il sostegno all’Ucraina mano a mano è diventato velleità di vittoria militare sulla Russia. Impegniamo ogni energia possibile sul negoziato».

Capitolo Medio Oriente: fosse stato premier avrebbe spinto per il riconoscimento della Palestina?

«Abbiamo la necessità di riconoscere lo Stato di Palestina: il M5S ha più volte presentato mozioni per riconoscerlo, così da perorare la causa del “due popoli due Stati” - perché sarebbe sbagliato identificare in Hamas l’intero popolo palestinese».

Quarant’anni fa moriva Enrico Berlinguer: cosa ha rappresentato per lei la figura dell’ex segretario del Pci? E proprio citando Berlinguer, esiste ancora oggi una questione morale?

«Berlinguer ha incarnato il rigore politico e morale, la determinazione e l’umiltà, di chi ha vissuto la politica come servizio allo Stato, alle istituzioni e ai cittadini. Certo che la questione morale esiste. Il crescente astensionismo è dovuto anche alla disaffezione dei cittadini che vedono la politica non come uno strumento al loro servizio ma come un lusso permesso a pochi per fare i propri interessi. Per noi fare politica significa fare l’interesse dei cittadini in trasparenza, con legalità, combattendo corruzione e malaffare. Far vincere l’interesse di tutti contro gli affari di pochi».


 

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