La Nuova Sardegna

Le storie a metà

L’isola del “non finito”: ecco la lunga collezione di opere incompiute o abbandonate in Sardegna

di Claudio Zoccheddu
L’isola del “non finito”: ecco la lunga collezione di opere incompiute o abbandonate in Sardegna

Il viaggio nei territori dove regna l’incuria e il patrimonio è dimenticato

05 agosto 2024
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Sassari Nell’isola dove il “non finito” domestico è diventato uno stile architettonico diffusissimo (non solo nei centri abitati), il numero di incompiute è quasi una conseguenza logica di un “sistema” rapidissimo ad aprire cantieri ma decisamente meno abile nel chiuderli. Funziona così nel privato, quando si tratta di dimenticare gli intonaci esterni, figuriamoci nel pubblico, storicamente più distratto. Anche se la politica, in questo caso la Regione, ha provato perlomeno a censire le opere incompiute e il 6 dicembre del 2011 ha istituito il registro regionale delle incompiute mettendo in colonna tutti gli impegni mancati. Difficile, però, stabilire i tempi di attese e la lista delle priorità.

Per quanto riguarda i monumenti, invece, l’incuria è spesso strutturale. Basti pensare che nell’isola dei 7mila nuraghi, quelli valorizzati sono appena una decina. Considerate le difficoltà nella valorizzazione di un patrimonio unico come quello che hanno lasciato in dote i progenitori del popolo sardo, pensare che tutto il resto del patrimonio possa ricevere attenzioni diverse è pura utopia. Poi, è ovvio che generalizzare è sempre un errore, come è altrettanto ovvio che in realtà anche l’isola del “non finito” possa mettere in mostre opere e monumenti molto più che apprezzabili. Questo non vuol dire che una regione pronta a giocare le sue carte migliori nel “tavolo” del turismo, non debba anche fare in modo di ridurre all’osso l’imbarazzo generato dai ruderi sparsi in tutta l’isola. Allo stesso modo dovrebbe essere una priorità restituire la dignità perduta alle testimonianze del passato. Nell’elenco regionale delle incompiute , poi, ci sono anche situazioni che vanno oltre il semplice decoro o le auspicabili ambizioni di sfruttamento turistico. Perché se il “non finito” può anche strappare un sorriso, sapere che tra le incompiute ci sono anche il “centro sovracomunale per il superamento dell'handicap e dello svantaggio sociale” di Settimo San Pietro, o l’installazione degli strumenti di controllo dell'impianto e di misurazione dei consumi idrici”, nella Sardegna centrale, dove cioè l’acqua è diventata più preziosa dell’oro, allora il sorriso non può sopravvivere e dovrebbe essere sostituito dalla buona volontà e dall’intenzione di scrivere la parola fine sul proverbiale “non finito”.

 

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