Gabriele Catta, cento chilometri a nuoto per la ricerca con dedica a nonno Gino
L’impresa del 22enne di Monserrato ha permesso di raccogliere 15mila euro destinati agli studi contro il cancro
Cagliari In mare aperto, senza indossare la muta, per cento e passa chilometri, a cinque dalla costa, con la corrente per niente neutra, spesso sfavorevole e contraria, fra le onde che nelle ultime sedici ore, al largo di Geremeas, hanno superato un metro e mezzo d’altezza, il 22enne Gabriele Catta di Monserrato mette a segno un’impresa, straordinaria, ed è il quarto atleta al mondo a compierne una di tale portata.
«In nome dello sport, in nome della vita», confessa spiegando di aver dedicato la traversata a suo nonno, Gino Mascia, amato medico di famiglia di Monserrato: «Era un uomo resiliente, appassionato, mi ha sempre spronato ad andare avanti, non perdermi mai d’animo, sia nella mia vita professionale che in quella privata. Mio nonno era malato di leucemia, per questo da qualche anno nuoto per la ricerca, con la speranza di poter raccogliere tanti fondi che possano aiutare così la scienza a sconfiggere il cancro».
Sotto le stelle, l’alba, il sole cocente. Bracciata dopo bracciata, sono state trenta ore senza chiudere occhio, fra la spiaggia di Tertenia e quella di Cagliari. Catta è arrivato a destinazione alle 16.30 davanti alla prima fermata del Poetto: «Ero stremato e felice, perché abbiamo raggiunto la cifra di 15mila euro e spero che questa maratona invogli altre persone a contribuire con una donazione». La prima persona che ha baciato quando i piedi gelidi hanno toccato la sabbia? «La mia fidanzata, con la quale ho condiviso questa bellissima, difficile e stancante traversata».
Perché non ha chiuso occhio neppure lei, Alessia Cocco, 20 anni, è rimasta sveglia, aggrappata alla canoa guidata dallo skipper Ernesto Murenu, insieme con il team di medici e sportivi che ha seguito Catta per assisterlo e nutrirlo in questa «magnifica avventura». Di cui lei ha fatto parte dalla prima ora. Barrette di cioccolato e adrenalina, che neanche la forza delle onde, che l’hanno spesso travolta, è riuscita a scalfire di un solo millimetro. Alessia era certa che il suo Gabriele ce l’avrebbe fatta: «L’ho sempre aiutato e seguito ovunque. Questa impresa, però, è stata davvero un grande sacrificio. Non l’ho mai perso d’occhio, non ho mai chiuso occhio. Mi sento stremata».
Con la bocca spaccata, dalla salsedine e la stanchezza, Gabriele racconta di aver avuto freddo, di avere avuto le allucinazioni: «Quando nuotavo sul dorso vedevo le stelle cadere, oppure vedevo scogli anche se non c’erano. I ragazzi e i medici del team sembravano ologrammi». Per mantenere in equilibrio l’energia: marmellatine, miele, molti sali minerali. E ancora pasta e patate: «Ho mangiato pure qualche biscotto».
Con Gabriele c’era la nutrizionista Giovanna Ghiani, i medici Matteo Porceddu, Michele Ruggiu e Filippo Tocco. Sui gommoni che hanno seguito il campione, guidati a turno da Corrado Cicalò, Tonio Vitiello e Giuseppe Scalas, non potevano mancare gli allenatori di nuoto Mauro Coni e Marco Cara della polisportiva Esperia di Cagliari: «Dove anche io ho cominciato a dare lezioni», spiega Catta: «Li ringrazio per essersi presi cura di me».
Mare mosso, vento contrario: nonostante tutto la sfida è andata a segno. Cento chilometri di traversata no stop da Tertenia a Cagliari. Partito il 3 settembre alle 7.15 la cento chilometri in mare aperto era associata alla raccolta fondi il cui ricavato sarà devoluto all’associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc).
L’impresa del giovane studente universitario è iniziata da “Foximanna” a Tertenia: «Poi ho nuotato di fronte a Quirra, Capo Ferrato, Porto Corallo, fino a Capo Carbonara. Abbiamo allungato, forse a causa delle onde», racconta Gabriele, al termine della sua terza impresa. «Dopo i 52 chilometri a nuoto e le 21 maratone in venti regioni d’Italia, questa traversata è il terzo evento sportivo benefico che ho organizzato con l’aiuto di Alessia». Mesi di allenamento, determinazione sono alla base della preparazione per affrontare anche l’ultima sfida mossa dal cuore. Soltanto dal cuore.