Nuoro, il giorno dopo la tragedia nel palazzo di via Ichnusa soltanto fiori e silenzio
Pochi commenti anche nella zona di Funtana buddia
Nuoro Alcuni mazzi di fiori adagiati con cura sul marciapiede, poi solo silenzio. Sul luogo del massacro, in via Ichnusa, il giorno dopo la strage l’aria è ferma e non c’è alcuna voglia di sprecare le parole. Il condominio giallo al numero civico 17, dove mercoledì mattina Roberto Gleboni, prima di togliersi la vita, ha ucciso la moglie Giusi Massetti, i figli Martina e Francesco, il vicino di casa Paolo Sanna e ha ferito il figlio 14enne, è blindato. Il cancello è chiuso, le serrande abbassate in tutti gli appartamenti. Una vicina di casa passa ma tira dritto. Poggiati per terra ci sono solo un lumicino acceso e pochi fiori accanto al nastro rosso e bianco degli inquirenti e ai guanti in lattice lasciati sul luogo del delitto dalla scientifica. E tutt’intorno c’è una città completamente sotto choc: che si interroga, vorrebbe trovare risposte immediate ma purtroppo non riesce ad agguantarle.
E anche sull’altro scenario della tragedia di mercoledì mattina, nelle palazzine popolari di via Gonario Pinna, nel rione di Funtana buddia – dove Roberto Gleboni ha sparato alla mamma Maria Riccardi ferendola in modo grave ma per fortuna non letale – ieri mattina sembrava che il tempo si fosse fermato. Rispetto al giorno prima, nelle ore concitate seguite alle morti. Non c’è più lo stuolo di investigatori delle 24 ore precedenti, sono sparite le telecamere e i microfoni.
È stata spostata dagli investigatori pure la Fiat Punto grigio chiaro che Gleboni aveva utilizzato per dirigersi dal suo appartamento, dopo aver sparato alla moglie e ai figli, a quello dell’anziana madre. Un tragitto di pochi minuti durante il quale l’operaio di Forestas ha dimostrato di avere una fretta maledetta. Tanto da lasciare le chiavi dell’auto inserite nel quadro, dopo aver arrestato la corsa della Punto e averla parcheggiata nel cortile della palazzina, in un punto nel quale era difficile vederla dalla strada.
E proprio lì, a pochi metri dalla sua auto, per un singolare gioco del destino, c’è da sempre un murale con un messaggio inquietante, se letto a posteriori: “Sono stato io a fare questo? Sì”. E sì, è stato proprio Gleboni a farlo. A pochi metri di distanza dal cortile, dal murale e dal parcheggio dell’auto, ieri mattina si intravedeva anche una residente dai capelli bianchi e corti che teneva un sacchetto in mano e si avvicinava con decisione al portone del numero 5: quello dove mercoledì mattina Gleboni è entrato per poi salire al terzo piano e all’appartamento della madre. «Sto andando a far visita a una vicina che ha soccorso Maria ieri – racconta la donna – perché ho saputo che poi è stata male e mi è dispiaciuto tanto. Qui siamo tutti scossi e non so quando ci riprenderemo», ha concluso l’anziana.
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