Lucia Annunziata: «Andiamo oltre il santino di Berlinguer, merita di essere studiato e capito»
La giornalista ed eurodeputata Pd: «Per i giovani di sinistra di allora era un nemico»
«Basta santini, riportiamo Berlinguer sulla terra». Lucia Annunziata, come suo solito, non fa molti giri di parole. La giornalista, una lunga carriera tra carta stampata e Rai, di cui è stata anche presidente, e oggi parlamentare europea del Pd, è anche lei tra gli ospiti dell’evento di Cagliari con un focus sulla rottura tra il segretario del Pci e l’Unione sovietica.
Annunziata, cosa rappresentava per voi giovani Berlinguer?
«Per molti giovani che arrivavano dai movimenti di fine anni Sessanta era un nemico. Lui era quello del compromesso storico, quello che aveva aperto alla Dc».
Nanni Moretti ha detto che uno dell’età di Elio Germano, oggi al cinema nei panni del leader del Pci, ai tempi sarebbe stato contro Berlinguer...
«È esattamente così. Io personalmente lo ammiravo perché provenivo da una famiglia comunista, ma stavo in mezzo ai movimenti giovanili e il sentimento era quello. Ricordo una imponente manifestazione del 1977. Quando passammo davanti alle Botteghe Oscure successe una cosa che mi fece un po’ pena: fischiarono le bandiere rosse. E l’anno dopo a 150 metri da quella sede fu depositato il cadavere di Aldo Moro».
Berlinguer fu fermissimo contro il terrorismo.
«Il sostegno esterno al governo Andreotti fu una di quelle cose che tenne dritta la barra. Fu una delle tante cose audaci che fece Berlinguer in quel momento. Era uno scatenato politicamente. Chi mai avrebbe agito così in quel clima? Anche a me a quei tempi sembrava una deriva a destra del Pci. Eravamo stati per tutto il dopoguerra a riempirci la bocca sugli americani e lui, in piena guerra fredda, disse: io mi sento più sicuro qui».
La famosa intervista a Pansa sul Corriere: “mi sento più protetto sotto l’ombrello della Nato”.
«Non solo. Alla domanda di Pansa se si sentisse il Dubcek italiano lui rispose: “rispetto molto Dubcek, ma non credo di assomigliargli. Lui ha il suo temperamento, io ho il mio”. Ancora Pansa: Dubcek sarà diverso da lei, ma è stato anche travolto dai carri armati sovietici. Trova ingiusta la sua fine politica? E Berlinguer: “sì, senz’altro ingiusta”. E anche nel 1980, sempre al Corriere, ma questa volta a Oriana Fallaci disse: “se vuole che le dica quel che non va nell’Unione Sovietica glielo dico. Un regime politico che non garantisce il pieno esercizio delle libertà, anzitutto”. Quali altri politici parlano così chiaramente?».
Possiamo dire che Berlinguer fu il primo a iniziare ad abbattere il Muro di Berlino?
«A Berlinguer non è mai stato riconosciuto il ruolo di avere rotto l’equilibrio quando l’Urss contava ancora. Anche se la cosa che è rimasta sul gozzo a tutti più del rapporto con Mosca è stato l’appoggio esterno al governo. Un conto erano l’Urss, la Nato, un’altra Andreotti...».
Il pensiero di Berlinguer sembra più attuale oggi di 40 anni fa. La sinistra deve ripartire da lui?
«A me interesserebbe che ci fosse su Berlinguer una operazione che consolidasse una visione condivisa di chi è stato lui. Lui è ancora amato dal vecchio popolo comunista, e non solo, perché era il comunista buono. Ma non sanno dirti neanche il perché. Su di lui vorrei fare un discorso non affettivo. È molto strano che il Pd non abbia accettato che per il movimento degli studenti fosse un nemico. Io credo che Berlinguer andrebbe reso trasparente e non un santino. In realtà si merita anche di essere un santino perché buono e coraggioso, ma merita soprattutto di essere capito. Mi piacerebbe riportarlo sulla terra, calato di nuovo nella realtà del suo tempo».