La Nuova Sardegna

La curiosità

Il casu marzu finisce nel museo dei cibi più disgustosi del mondo

di Federico Spano
Il casu marzu finisce nel museo dei cibi più disgustosi del mondo

In vetrina anche uno squalo fermentato e un vino con feci umane

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Sassari Il casu marzu, il celebre formaggio sardo noto per la presenza di larve vive, è finito tra le attrazioni del Disgusting Food Museum di Malmö, in Svezia, accanto ad altri alimenti ritenuti estremi dalla cultura occidentale. Tra questi, il Hàkarl islandese, ovvero lo squalo fermentato dall’odore pungente di ammoniaca, il Ttongsul coreano, un vino di riso fermentato con feci umane. Il museo, fondato per far riflettere sul relativismo alimentare, inserisce il casu marzu come rappresentante dell'Italia tra i cibi considerati “disgustosi”.

Non è la prima volta che il casu marzu finisce sotto i riflettori internazionali. Già nel 2008 il Guinness dei Primati lo aveva definito “il formaggio più pericoloso del mondo”, sottolineando il rischio che le larve sopravvivano alla digestione e possano causare disturbi intestinali. Un’affermazione priva di solide basi scientifiche. Nel 2005, infatti, lo studioso canadese Massimo Marcone, docente presso la University of Guelph in Ontario, aveva analizzato campioni di casu marzu e condotto studi microbiologici, arrivando alla conclusione che il formaggio, se prodotto correttamente e consumato con moderazione, non presenta particolari rischi per la salute. La legge italiana vieta la vendita del formaggio con i vermi dal 1962, in quanto il prodotto rientra tra gli alimenti “infestati da parassiti”.

Tuttavia, la sua produzione non si è mai fermata, trovando un florido mercato clandestino. Nel 2004 un comitato di esperti aveva avviato le pratiche per ottenere il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta (DOP), con l’obiettivo di regolamentarne la produzione e renderlo legale. Tra le proposte c’era la creazione di un metodo di produzione in ambiente sterile, studiato dalla facoltà di Agraria dell’università di Sassari in collaborazione con la Facoltà di Veterinaria. L’idea era di controllare il ciclo biologico della Piophila Casei, la mosca casearia responsabile della fermentazione del formaggio, in modo da garantire standard igienici accettabili per la commercializzazione. Nonostante gli studi abbiano dimostrato la possibilità di un casu marzu “sicuro”, la certificazione DOP non è mai arrivata e il formaggio è rimasto ufficialmente fuorilegge. Il casu marzu non è un’eccezione nel panorama gastronomico.

L’Italia vanta diverse varianti di formaggi con larve, radicate nelle tradizioni locali. Tra questi: il Saltarello, tipico di Udine, il Bross ch’a Marcia (Piemonte), il Robiola Nissa (Emilia-Romagna), il Marcetto (Abruzzo), il Casu Punt (Molise e Puglia), diffuso nelle campagne del Sud Italia, il Casu du Quagghiu (Calabria).

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