Due incarichi e due stipendi: la Regione chiede i soldi indietro – la sentenza Magi scuote la politica
L’ex presidente di Sardegna.it condannato a restituire 206mila euro. La lista di 136 nomi e le lettere inviate dal segretario generale Annicchiarico
Sassari Per quindici anni il doppio stipendio è stato un segreto ben custodito: tutti lo sapevano, nessuno lo vedeva. Poi un tribunale ha letto la legge ad alta voce. E adesso, una dopo l’altra, le lettere chiedono conto di quel silenzio. Non spiegazioni. Denaro indietro. Le lettere sono già partite. Mittente: Regione Sardegna. Destinatari: politici, amministratori, figure di fiducia che nel 2016 facevano due lavori pubblici e prendevano due stipendi. Uno elettivo, l’altro da incarico. Oggetto: restituzione delle somme indebitamente percepite. Per anni nessuno aveva chiesto nulla. Ora sì. La data che cambia tutto è il 27 marzo 2025. Il luogo è un’aula del Tribunale di Cagliari.
Il collegio è presieduto da Gaetano Savona, con Bruno Malagoli relatore e Luca Angioi giudice a latere. La causa è vecchia di dieci anni. La decisione, invece, è nuovissima. E fa rumore. Quel giorno i giudici fanno una cosa semplice: leggono la legge e la applicano. Scoprono così che dal 2010 esiste una norma che vieta ai titolari di cariche elettive di essere pagati per incarichi conferiti dalla pubblica amministrazione. Possono lavorare, certo. Ma gratis. Al massimo rimborso spese. 30 euro a seduta. Come ai volontari. Una norma ignorata da tutti, fino a quel giorno.
La storia ruota attorno a Franco Magi, presidente del Cda di Sardegna IT, società in house della Regione. Era il 2011. Presidente Cappellacci, stagione delle nomine. Magi viene scelto, resta in sella due anni. Poi, nel 2013, viene accompagnato all’uscita prima del previsto. Lui non ci sta. Fa causa. Chiede gli stipendi non pagati: 50 mila euro lordi, 28 mila netti. Una cifra normale, in apparenza. La Regione risponde con un sorriso freddo e un conto salato: “Tu eri consigliere comunale a Capoterra. Carica elettiva. Dovevi lavorare a costo zero. Restituisci tutto”. Il Tribunale dice: la legge è questa. E per la prima volta la applica fino in fondo. Magi non solo perde la causa, ma viene condannato a restituire 205.774,72 euro, al lordo, non al netto. E come se non bastasse, i giudici trasmettono gli atti alla Procura della Corte dei conti. Perché qui non si parla solo di torti privati, ma di denaro pubblico. È il momento in cui la faccenda smette di essere personale e diventa politica. A questo punto Magi potrebbe pagare in silenzio. Non lo fa. Anzi, fa un’altra cosa, molto più dirompente. Scrive alla Regione e dice, in sostanza: “Se pago io, pagano tutti”. Non per vendetta, dice: “Per principio di equità”. Se la legge vale per lui, deve valere per tutti quelli che negli stessi anni facevano i consiglieri comunali di giorno e i consulenti regionali di sera, i sindaci con doppia firma, i capi di gabinetto con doppio bonifico, insomma tutti quelli che contemporaneamente occupavano una seconda poltrona in enti pubblici, società in house, consorzi, uffici di supporto politico. Magi è un po’ come Sansone che fa crollare tutto il tempio. Prende carta e penna e srotola la famosa lista dei 136. È del 2018. Un elenco “esemplificativo e non esaustivo”. Tradotto: è solo l’inizio. Ora spetta a voi aggiornarla e arricchirla. Anche perché la prassi del doppio stipendio è sempre rimasta un evergreen. Ma all’epoca nessuno alzò un sopracciglio. Oggi invece quella lista è diventata un manuale di istruzioni. Perché ora, e non prima? La domanda è inevitabile. La risposta è altrettanto chiara: perché ora c’è una sentenza. Un pronunciamento che: respinge l’argomento del “si è sempre fatto così”; esclude qualsiasi vuoto normativo; definisce la gratuità degli incarichi come principio fondamentale di finanza pubblica; apre esplicitamente la strada alla responsabilità erariale. In altre parole: da oggi, chi non agisce rischia.
Il polverone lo solleva il sito Indip. E ora una nota ufficiale e urgente del segretario generale della Regione Sardegna, Eugenio Annicchiarico, ordina una ricognizione decennale sui doppi incarichi e sui doppi compensi. È indirizzata a tutte le Direzioni generali della Regione, agli uffici speciali, alle agenzie regionali, e, per riflesso, alle società partecipate e in house. L’effetto domino è innescato. Ed eccole, le lettere ai singoli politici. Sono partite davvero. La Regione ha cominciato dal 2016, e chiede i soldi indietro. Per quindici anni la legge è rimasta lì, come un cartello stradale coperto di edera. Ora qualcuno ha tolto il rampicante. E il cartello dice: stop. Quanti dovranno restituire? E quanto costerà aver fatto finta che la legge non esistesse?
