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Sanità, i medici sardi bocciano la riforma annunciata da Bartolazzi

di Luigi Soriga
Sanità, i medici sardi bocciano la riforma annunciata da Bartolazzi

Desole (Fimmg): «La soluzione esiste già, basta applicarla: si chiama Aft». I dubbi: «L’eccellenza ospedaliera è inutile se poi fuori non c’è assistenza»

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Sassari La riforma della sanità sarda annunciata dall'assessore regionale Bartolazzi solleva dubbi e preoccupazioni tra i medici di medicina generale. Antonello Desole, segretario provinciale del Fimmg di Sassari, pone l'accento sulla necessità di un sistema territoriale solido e adeguatamente finanziato, senza il quale anche l'eccellenza ospedaliera rischia di diventare inefficace.

«Il medico di medicina generale è il primo riferimento per il cittadino sul territorio. E il territorio non è solo una definizione geografica, ma rappresenta il 97% della popolazione che non è ricoverata in ospedale o in strutture per acuti. Questa vasta platea di pazienti è gestita dalla medicina generale con appena il 40% delle risorse sanitarie disponibili. Se vogliamo un sistema efficiente, dobbiamo garantire che l'eccellenza ospedaliera sia supportata da un territorio ben organizzato e attrezzato».Secondo Desole, un ospedale all'avanguardia funziona solo se il paziente, una volta dimesso dopo un intervento chirurgico, trova un'assistenza territoriale efficace. «Se il territorio non è pronto con un'adeguata rete infermieristica e specialistica, il paziente tornerà al pronto soccorso, vanificando il lavoro svolto in ospedale».

Aft, la soluzione c’è già «Le soluzioni non vanno inventate con una riforma: esistono già nell'Accordo Collettivo Nazionale. Si chiamano Aggregazioni Funzionali Territoriali (Aft), ossia reti di medici che garantiscono copertura assistenziale h24, sette giorni su sette, integrando le guardie mediche e gli studi di medicina generale con piattaforme informatiche. Questo sistema consente orari di ambulatorio estesi e continuità assistenziale notturna». Nonostante la previsione di attivazione dal primo gennaio 2025, in Sardegna le Aft non sono ancora operative. «La Regione sarda, come molte altre, ha dimostrato negligenza, forse condizionata dall'incertezza sulla forma contrattuale dei medici: dipendenti o convenzionati? Ma la vera domanda è: perché si è permesso che si creasse un vuoto così grave, con il 40% dei medici di base mancanti e 450 mila sardi senza assistenza?».

Tagli alle indennità Desole spiega che la crisi attuale affonda le radici nella riforma del 2012, quando venne istituito il "ruolo unico" per i medici di medicina generale. «In quel momento furono tagliate le indennità per segretarie, infermieri, informatizzazione e medicina di gruppo, elementi essenziali per il funzionamento degli studi medici. Questi tagli non sono mai stati compensati dalle Regioni, come invece previsto. Il risultato? Un aumento del carico di lavoro e della burocrazia del 30-40%, a fronte di una riduzione del reddito del 30%». Di conseguenza, i medici non accettano incarichi in paesi isolati. «Non si tratta di mancanza di appeal professionale: il lavoro è sempre lo stesso. Il problema è che non è più sostenibile economicamente aprire e gestire uno studio in un piccolo centro, magari a 50 km dall'ospedale più vicino».

La "casa del medico" Per risolvere il problema della carenza di medici nelle aree interne, Bartolazzi ha proposto la "casa del medico", ovvero l'affitto di una stanza per il medico in un paese privo di assistenza. Una soluzione che Desole giudica "inadeguata e persino offensiva": «Tagliate le indennità per il personale, l'informatizzazione e la gestione dello studio, la Regione pensa di risolvere tutto pagandoci una stanza in affitto in un paesino sperduto. A questo punto, tanto vale trasferire la gestione sanitaria all'assessorato all'Edilizia».

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