La Nuova Sardegna

La riforma

L’Ordine dei Medici: «Ares come Ats? Il passato serve da monito: accentrare è pericoloso»

L’Ordine dei Medici: «Ares come Ats? Il passato serve da monito: accentrare è pericoloso»

Il presidente Salvatore Lorenzoni: «Non siamo mai stati consultati»

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Sassari L’Ordine dei Medici non conosce nel dettaglio la riforma perché l’assessorato alla Sanità non lo ha mai incontrato. «C’è stata una sola convocazione negli uffici regionali – spiega il presidente dell’Ordine dei Medici di Sassari Salvatore Lorenzoni – ma successivamente annullata dallo stesso Bartolazzi. Dopodiché quell’incontro non è mai stato riprogrammato. Perciò, non essendoci mai stato un confronto, le uniche informazioni disponibili sulla riforma sono quelle apprese dagli organi di stampa. Noi non facciamo politica: ci riserviamo di entrare nel merito dei dettagli non appena potremo approfondire la conoscenza del documento. Nel prossimo consiglio dell’Ordine, il primo punto all’ordine del giorno sarà proprio la discussione sulla riforma».

Tuttavia l’Ordine conosce molto bene le criticità da affrontare, e i nervi scoperti della sanità sarda. Quei punti dolenti che la nuova riforma dovrebbe essere chiamata a suturare con urgenza.

«Abbiamo assolutamente bisogno di snellire le procedure, di velocizzare gli ingranaggi della sanità. Per questo motivo, personalmente, ho una serie di perplessità riguardo una serie di sovrastrutture che si vorrebbero creare. Sto pensando all’accentramento di poteri su Ares, così come ai coordinamenti interaziendali. Non so, in concreto, come funzioneranno, magari saranno efficientissime e renderanno più fluida la macchina sanitaria. Tuttavia sono pur sempre delle sovrastrutture, che in linea di principio vanno contro una logica di un sistema rapido. L’esperienza passata dell’Ats d’altronde insegna. La sua creazione e poi lo smantellamento, di fatto ha appesantito e bloccato la sanità per anni». La gestione centralizzata di Ares a molti appare come una sorta di déjà vu. Un'unica struttura mastodontica che accentra acquisti, assunzioni e gare d'appalto per tutta la Sardegna rischia di generare inefficienze gravissime, esattamente come lo era stato con l’Ats. In passato, un modello simile aveva portato alla carenza di forniture basilari come siringhe e cerotti nelle sale operatorie. Tanto che dopo quel fallimento, la parola d’ordine era diventata decentralizzare, proprio per migliorare l'efficienza e garantire risposte più rapide ai pazienti. Altri nodi cruciali della riforma sono la mancanza di personale e una sanità meno a compartimenti stagno. «Occorre reclutare più medici soprattutto nelle sedi meno appetibili – prosegue Lorenzoni– Su questo fronte la riforma deve dare delle risposte. Mi riferisco sia alle strutture ospedaliere più periferiche, sistematicamente snobbate dai medici, ma anche ai piccoli centri isolati senza continuità assistenziale, perché prive di un ambulatorio del medico di base. Questi due aspetti sono fondamentali per potenziare le cure nel territorio. Infine mi aspetto che la riforma faccia interagire di più le Asl con le Aou, la medicina con la formazione, magari con un interscambio proficuo di personale». (lu.so.)

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