La Nuova Sardegna

L’analisi

Fra 10 anni la Sardegna perderà 150mila lavoratori: è il dato peggiore d’Italia

Fra 10 anni la Sardegna perderà 150mila lavoratori: è il dato peggiore d’Italia

La flessione più alta si registrerà nella provincia di Nuoro, seguita dal Sud Sardegna

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Sassari Nei prossimi dieci anni, la Sardegna rischia di essere la regione più colpita in Italia dalla riduzione della popolazione in età lavorativa. Secondo un’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Istat, l’isola avrà il 15,1% in meno di persone nella fascia tra i 15 e i 64 anni, pari a 147.697 individui in meno entro il 2035.

Una contrazione più marcata che in qualsiasi altra regione italiana, a conferma di una tendenza che colpirà duramente soprattutto il Mezzogiorno. La Sardegna è seguita dalla Basilicata (-14,8%, pari a -49.685), dalla Puglia (-12,7%, -312.807), dalla Calabria (-12,1%, -139.450) e dal Molise (-11,9%, -21.323).

Il fenomeno è diffuso, ma a livello regionale le aree meno toccate saranno il Trentino Alto Adige (-3,1%, pari a -21.256), la Lombardia (-2,9%, -189.708) e l’Emilia-Romagna (-2,8%, -79.007).

Il quadro peggiora ulteriormente se si guarda al dettaglio provinciale. Il calo più drammatico in assoluto colpirà Nuoro, con un crollo del 17,9%, seguita da Sud Sardegna (-17,7%). Dati peggiori solo di pochi decimali rispetto a quelli di Caltanissetta (-17,6%), Enna (-17,5%) e Potenza (-17,3%).

In valori assoluti, però, è Napoli la provincia destinata a perdere il maggior numero di persone in età lavorativa: -236.677. Le province meno coinvolte dalla contrazione saranno Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).

A livello nazionale, il report della Cgia stima che la popolazione in età lavorativa in Italia si ridurrà di 2.908.000 unità entro il 2035, pari a un -7,8%. Dalle 37,3 milioni di persone registrate a inizio 2025, si passerà a 34,4 milioni.

Una perdita che la Cgia attribuisce al forte invecchiamento della popolazione, alla carenza di giovani e alla prossima uscita dal mercato del lavoro dei baby boomer.

Tutte le 107 province italiane monitorate evidenzieranno una flessione, a conferma del fatto che nessuna area sarà esente da questo declino. Le conseguenze potrebbero essere gravi anche per la tenuta del sistema produttivo.

Le imprese italiane denunciano da tempo crescenti difficoltà nel reperire personale qualificato. E se oggi il problema è già concreto, nei prossimi anni potrebbe diventare strutturale.

Secondo la Cgia, il Mezzogiorno potrebbe reggere meglio nel breve periodo rispetto al Centro-Nord, grazie all’attuale elevato tasso di disoccupazione e inattività che potrebbe offrire margini di recupero, soprattutto nei settori agroalimentare e turistico.

Tuttavia, molte piccole imprese saranno costrette a ridurre gli organici per impossibilità di assumere, mentre le aziende più grandi potranno attirare i giovani lavoratori grazie a retribuzioni più alte, flessibilità oraria, benefit e strumenti di welfare aziendale.

Sul lungo periodo, l’Italia si troverà ad affrontare un potenziale rallentamento del Pil, aggravato dall’incremento delle spese per sanità, previdenza e assistenza. Con meno giovani e più anziani, anche i consumi caleranno, con effetti negativi su settori come immobiliare, trasporti, moda e turismo.

Solo il comparto bancario potrebbe trarre beneficio da una maggiore propensione al risparmio delle generazioni più anziane, con un aumento dei depositi. Ma, sottolinea la Cgia, questo non basterà a bilanciare il rallentamento dell’economia reale.

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