La Nuova Sardegna

Il caso

Natalità, l’isola ultima in Italia: «I bonus bebè non bastano»

di Federico Spano
Natalità, l’isola ultima in Italia: «I bonus bebè non bastano»

Nei prossimi sessant’anni 33 piccoli comuni rischiano di scomparire: ecco quali sono

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Sassari La Sardegna si svuota. I piccoli centri si spopolano e la natalità continua a restare la più bassa d'Italia: appena 4,9 nascite ogni mille abitanti, contro una media nazionale di 6,7. A preoccupare ancor di più è il tasso di fecondità, fermo allo 0,91 figli per donna, ben lontano dal 2,1 necessario per mantenere stabile la popolazione. I dati Istat si riferiscono al 2023 ma la situazione non è cambiata e la Regione prova a reagire con misure concrete, come la conferma del bonus a favore delle famiglie che risiedono o decidono di trasferirsi nei comuni con meno di 5000 abitanti.

Per il primo figlio è previsto un contributo di 600 euro al mese fino al quinto anno d'età, contributo che arriva a 400 per ogni figlio successivo. Ma secondo molti esperti, da sole le risorse economiche non bastano a invertire una tendenza che ha radici profonde: sociali, infrastrutturali, tecnologiche. Con questo trend negativo, nell'arco di 60 anni in Sardegna spariranno 33 comuni. Tra questi c’è il più piccolo di tutti, Baradili, 78 abitanti, da 11 senza un nuovo nato. Qualche mese fa, una coppia con figli si è trasferita da Sanluri, segno che il bonus-bebè produce effetti, ma per la sindaca Anna Maria Camedda, la soluzione non è spostare persone da paesi che comunque hanno una natalità negativa. «L'ideale sarebbe che arrivassero da fuori, ma si pone il problema dei servizi – afferma la prima cittadina –. Qui abbiamo difficoltà anche con le reti cellulari e la fibra la stanno ancora installando. In più c’è il discorso dei trasporti: abitiamo a 50 chilometri da Oristano e a 65 da Cagliari, ma per arrivarci con i mezzi pubblici si devono fare viaggi lunghissimi, incompatibili per esempio con un lavoro pendolare. Il tema dello spopolamento va affrontato in modo strutturale e non solo a livello locale – conclude Anna Maria Camedda –. C'è un cambiamento del sistema sociale che si ripercuote sulle famiglie e sulle comunità. Anche i valori alla base della società stessa sono cambiati profondamente negli ultimi 50 anni. Se non entriamo nel merito di questo, non risolveremo il problema dello spopolamento. Noi stiamo curando il sintomo, non la malattia».

Altro paese che rischia di sparire nei prossimi 60 anni è Borutta, 240 abitanti, una bambina nata a gennaio, dopo nove anni senza nuove nascite. Il sindaco Silvano Arru è più ottimista sull’efficacia del bonus-bebè. «Per me questa misura andrebbe resa stabile e più duratura. Inoltre bisognerebbe mettere a sistema tutti questi bonus a vantaggio della natalità, perché spesso la gente neppure li conosce. Una coppia con due figli arriva a mille euro al mese, se si considera anche l’assegno Inps si arriva a 1.350 euro, praticamente uno stipendio. Di recente abbiamo ristrutturato 14 abitazioni di pregio, in edifici storici, e li daremo a canoni agevolati a giovani coppie che decideranno di trasferirsi a Borutta. Dovranno essere motivate e avere l’intenzione di venire qui per creare comunità». Un altro piccolo comune sardo, che però non ha problemi di natalità e che ha avuto un aumento costante di residenti negli ultimi 20 anni è Girasole. Questo piccolo centro a pochi passi da Tortolì, è passato da 900 abitanti a 1375. «Noi siamo in controtendenza – conferma il primo cittadino Lodovico Piras –. Il motivo è che il nostro è un paese tranquillo, a cinque minuti a piedi dal mare, e che molti abitanti di Tortolì si spostano facilmente nel nostro comune. La Regione ha aperto diverse strade per incentivare i trasferimenti nei piccoli centri, oltre al bonus-bebè, c’è il bonus ristrutturazione per i comuni sotto i 3mila abitanti. Da noi l’unica nota negativa sono le attività che mancano, perché siamo troppo vicini a un grande comune e in pochi minuti d’auto si arriva ai grandi centro commerciali».

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