Dazi americani, l’economista Macis: «L’export della Sardegna deve guardare anche ad altri mercati»
L’opinione del professore della Carey Business School della Johns Hopkins University sulla politica commerciale del presidente degli Stati Uniti
Sassari L'aspetto su cui sembrano essere tutti d'accordo nella vicenda dei dazi americani è l'assoluta imprevedibilità del presidente Trump. «È difficile negoziare con qualcuno di cui non si comprendono in maniera chiara gli obiettivi – ci spiega Mario Macis, professore di economia e management alla Johns Hopkins Carey Business School e ricercatore del Crenos –. Anche negli Stati Uniti c'è molto disorientamento e incertezza. Non ci sono parametri che consentano di pianificare gli investimenti. È una situazione davvero complicata, ancora di più dal punto di vista dell'Europa che dipende ancora molto dalla protezione militare americana. C'è da dire che l'approccio diplomatico finora non ha dato buoni frutti. Qualche giorno fa l'Unione Europea ha concesso di non applicare la digital tax, eppure subito dopo è arrivato l'annuncio dei dazi al 30%. È altrettanto vero che reagire con dazi equivalenti, nel breve periodo, è un po' come spararsi sui piedi perché renderebbe più care le importazioni dagli Usa e aumenterebbero i prezzi per gli europei. Però, a questo punto, è indubbio che chi propone l'approccio soft si trova a dover ragionare sul fatto che non ha prodotto risultati». A livello locale cosa si può fare? «Purtroppo quasi niente – aggiunge Macis – anche lo Stato italiano non è in condizioni di negoziare per sé. Per la verità, andando in ordine sparso si ottiene sempre poco e invece bisognerebbe allargare anche oltre l'Unione Europea e fare un blocco unico insieme ad altri Paesi e continenti. Anche opporsi a muso duro agli americani avrebbe un costo ma sicuramente può essere una risposta più efficace piuttosto che andare a trattare ognuno per conto proprio».
In Sardegna l'impatto maggiore rischia di averlo il mercato del pecorino romano il cui export verso gli Stati Uniti vale 165 milioni di euro. Tra le richieste c'è quella di ottenere un sostegno dalla Regione per mantenere il prezzo ai livelli attuali.
«Capisco perfettamente la preoccupazione delle aziende e se fossi in loro proporrei interventi da parte delle istituzioni per non abbassare i prezzi – afferma ancora Macis – ma allargando un po' la prospettiva vedo però una contraddizione nel prevedere di sostenere con risorse della Regione l'aumento dei costi che colpisce i consumatori americani. Ripeto, le preoccupazioni sono più che legittime, ma forse bisognerebbe cominciare a pensare anche di più al lungo periodo e a diversificare le esportazioni. Non è una cosa che si può fare dall'oggi al domani ma bisogna iniziare a cercare alternative».