La Nuova Sardegna

Il personaggio

La storia di Lino Trestini, 100 anni per il mare: «Vidi affondare la corazzata Roma»

di Dario Budroni
La storia di Lino Trestini, 100 anni per il mare: «Vidi affondare la corazzata Roma»

La Maddalena, il racconto del testimone: «Recuperai i marinai, vivi e morti»

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Inviato a La Maddalena Camicia, calzoni corti e occhiali da sole: si avvicina con passo lento alla cordicella e come ogni mattina, nell’ampia terrazza di casa, innalza il suo piccolo tricolore. Poi dà fiato al fischio del nostromo che porta al collo e ad alta voce ordina: «Attenti». Rituale che ripete anche la sera, ma al contrario. E quindi giù il tricolore e via al secondo ordine: «Riposo». Alzabandiera e ammainabandiera: la deformazione è chiaramente professionale. Lino Trestini, veneto che ha scelto il paradiso della Maddalena come buen retiro, compie oggi cento anni. E la sua è una vita che continua a profumare di salsedine. A seconda del racconto, però, ecco che il vento porta con sé anche l’odore della polvere da sparo e del carburante. Come quello che avevano addosso i marinai che lottavano contro la morte in mezzo alle onde. «Cercavo di tirarli su, ma le divise erano viscide, mi scivolavano tra le mani». Perché la vita di Trestini è stata davvero una avventura. A volte bella e a volte brutta. Basti pensare a quello che vide nel pomeriggio del 9 settembre del 1943: l’affondamento della corazzata Roma, la nave ammiraglia della flotta da battaglia inghiottita dal mare del golfo dell’Asinara dopo essere stata attaccata dai bombardieri tedeschi. Trestini ricorda tutto. Testimone diretto di una delle più grandi tragedie della seconda guerra mondiale. Perché era lì, a bordo del cacciatorpediniere Carabiniere, di scorta alla più bella e potente Roma. Fumo, fuoco, boati e 1.393 morti in mezzo al mare. Cose che Trestini non avrebbe più eliminato dalla mente.

Lupo di mare Non lo dice, ma nel suo volto si legge tutto l’orgoglio di essere arrivato a una certa età. Nato il 23 luglio del 1925 a Montecchia di Crosara, in provincia di Verona, Lino Trestini ha girato il mondo e da un po’ di anni ha scelto di vivere a La Maddalena. Prima era la base delle sue vacanze, adesso invece l’isola è diventata la sua casa. Coccolato dalle figlie Barbara e Stefania, mentre la moglie Alba è scomparsa pochi mesi fa, Trestini appare come un libro di storia vivente. Nato a ridosso delle Alpi, ricorda bene quando vide la prima volta il mare. «Sognavo di vederlo e così presi parte al campeggio Dux, a Venezia. Poi mi arruolai, avevo 16 anni. Andai alla regia scuola di Pola, ai tempi italiana, e nel 1942 mi imbarcai sul cacciatorpediniere Carabiniere. Un mio amico, che aveva fatto la scuola con me, mi disse: “Sei uno stupido, con tutte le navi che ci sono vai proprio su un cacciatorpediniere?”. Lui scelse la corazzata Roma. E morì. Si chiamava Turazza, lessi il suo nome nella lista delle vittime». Prima della tragedia della Roma, Trestini prese parte a diverse missioni nel Mediterraneo. Passò anche per La Maddalena, senza poter immaginare che l’isola sarebbe diventata un giorno il suo grande amore. «Dovevamo scortare una nave che trasportava merci per l’arsenale – racconta –. Ricordo che in mare si vedevano tantissime orate e aragoste. Ma ricordo anche dell’incrociatore Trieste, era stato appena affondato tra La Maddalena e Palau. Dal mare spuntava il fumaiolo».

La tragedia Il 9 settembre del 1943, il giorno dopo l’annuncio dell’armistizio, Trestini si trovava nella base di La Spezia. Per mettere al sicuro i pezzi pregiati della marina, fu ordinato il trasferimento della corazzata Roma a La Maddalena. «Io ero sul Carabiniere, eravamo di scorta – racconta Trestini –. Durante il trasferimento, la Roma fu però attaccata dai bombardieri tedeschi. Le bombe erano a reazione e lasciavano una scia azzurrognola: la prima cadde vicino al Duca degli Abruzzi, la seconda centrò invece la Roma. Colpita e rotta in due. Si rovesciò e ricordo le sue quattro eliche, enormi, che pian piano andavano giù. Fu impressionante vedere la nostra migliore nave fare una fine così. Recuperai diversi marinai della Roma. Vivi e morti. Un compagno mi teneva per le gambe e io, pian piano, li tiravo su. Ma erano sporchi di nafta, alcuni li perdevo e andavano a fondo, senza più tornare indietro». Insieme ai superstiti e ai corpi delle vittime, Trestini raggiunse Minorca. «Fui internato per un anno, realizzammo anche il cimitero per i morti della Roma». Poi, con la guerra ancora in corso, fu spedito nell’oceano indiano al servizio del comando inglese. Sarebbe dovuto partire per il Giappone, ma le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki misero la parola fine a ogni tipo di combattimento.

Dopo la guerra Trestini restò in marina e girò diverse basi italiane al comando di vari plotoni. Poi diventò funzionario del ministero delle Finanze, a Parma, e nel frattempo riscoprì La Maddalena. «Cominciammo a venire qui in vacanza negli anni Settanta, con mia moglie e le mie figlie. Ci innamorammo subito di questa isola, che avevo già visto ai tempi della guerra». Trestini, che ha partecipato alle commemorazioni della tragedia della Roma anche alla presenza di Mattarella, nel punto in cui il relitto fu ritrovato nel 2012, ancora oggi frequenta gli ambienti della marina, come l’Associazione marinai d’Italia. Ed è proprio con gli altri lupi di mare, oltre che con la sua famiglia, che questa sera Lino Trestini festeggerà il secolo di vita. Cento anni vissuti così, con la consapevolezza di aver attraversato la storia e di aver dato anima e cuore per l’azzurro del mare.

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