La Nuova Sardegna

L’intervista

La storia di Filippo Magri, direttore creativo a Milano: «Ho lasciato tutto per vivere in Sardegna»

di Massimo Sechi
La storia di Filippo Magri, direttore creativo a Milano: «Ho lasciato tutto per vivere in Sardegna»

Il 63enne racconta perché ha scelto la Gallura e Aglientu per cambiare vita

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Sassari C’è chi rifiuta proposte economicamente allettanti e chi sceglie di cambiare completamente vita, abbandonando posizioni lavorative e ruoli importanti. Il lavoro, da elemento centrale e totalizzante, diventa una parte della vita e non più il suo perno. Al suo posto, si cercano tempo, relazioni, libertà. Un fenomeno che è diventato mondiale col nome di “Great resignation”. È trasversale, non riguarda solo i giovani o i precari: coinvolge anche professionisti affermati che decidono di lasciare tutto e ripartire da sé. Non per inseguire un’utopia, ma per ritrovare il proprio equilibrio.

Filippo Magri ha 63 anni. Fino a poco tempo fa era un art director, poi direttore creativo esecutivo, in una delle grandi agenzie pubblicitarie di Milano. Oggi vive ad Aglientu, in Gallura, dove ha ristrutturato due stazzi e accoglie ospiti da aprile a novembre. «Avevo una posizione importante, stipendi alti, viaggi all’estero. Ma non ero più felice. Il lavoro che un tempo adoravo era diventato qualcosa di diverso. Non c’era più creatività, solo riunioni, stress e budget sempre più ridotti». A spingerlo al cambiamento è stata una proposta per andare a lavorare a Shanghai. «Una grande opportunità, sulla carta. Ma avevo un cane, tre gatti e un sogno che accarezzavo da anni: vivere a contatto con la natura. Ho chiesto la buonuscita e sono venuto in Sardegna. Qui i miei avevano una casa quando ero bambino, a Portobello. Un posto fuori dal tempo, dove negli anni Settanta si incontravano artisti, musicisti, attori. Quella libertà mi è rimasta dentro».

Dopo una vita trascorsa tra briefing e clienti, ha riscoperto il gusto dei gesti semplici. «Ora accompagno i miei ospiti a vedere gli olivastri millenari di Luras, le rocce di Capo Testa. Organizzo passeggiate a cavallo, giri in canoa sul fiume Liscia, tour in bici. Faccio conoscere una Sardegna autentica, lontana dal turismo di massa. È faticoso, ma è una fatica che dà senso». La decisione non è stata improvvisa. «Era un desiderio che avevo da tempo. Non avevo più genitori da accudire, non ero sposato, non avevo figli. Ho avuto la fortuna di poter scegliere. Tanti miei amici vorrebbero farlo, ma le circostanze li bloccano. Io ho preso al volo quell’occasione».

Magri non rimpiange Milano, ma riconosce ciò che ha lasciato. «Mi manca il lavoro di squadra, il confronto creativo. Però qui ho costruito nuove relazioni. Amici di sempre, ma anche nuove conoscenze. Anche ad Aglientu si può fare rete, in modo diverso ma non meno stimolante. E poi questa non è una terra qualsiasi: la Sardegna – e in particolare Aglientu – ha qualcosa di unico. La giusta distanza dal mare, l’aria più fresca, le alture, la dimensione del paese. Qui mi sveglio, vado al bar, saluto le persone. Vedo sorrisi. È una comunicazione umana, vera. Niente a che vedere con la frenesia di Milano, dove la gente cammina guardando il telefono e nessuno si accorge dell’altro». Il suo percorso si intreccia con quello di molti altri. «Non sono stato un precursore, ma ho colto una tendenza. Oggi tante persone riscoprono il bisogno di tempo per sé. La pandemia ha mostrato che si può lavorare senza controllo diretto, se si ha autodisciplina. Ma soprattutto ha fatto capire che non possiamo sacrificare tutto sull’altare della produttività. Lavoro meno, ma vivo di più. È questa la vera ricchezza».

E se tornasse indietro? «Lo rifarei. Anzi, prima. Cambiare vita richiede coraggio, ma anche lucidità. Ho fatto questa scelta quando avevo ancora energia e salute. Aspettare la pensione, per poi accorgersi di non avere più forza, è un errore. Ogni stagione della vita merita la sua libertà».

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