Omicidio Pusceddu, il sindaco di Portoscuso: «L’omicidio sembra fatto su commissione»
Parla il primo cittadino del paese dove è cresciuto il 51enne ucciso a Buddusò
Portoscuso Le saracinesche sono abbassate quasi ovunque, sarà per il caldo torrido di questi giorni. Fra i palazzi popolari che svettano fra gli alberi della pineta di Portoscuso, dove il 51enne Marco Pusceddu era cresciuto, non c’è anima viva. Su quanto accaduto nessuno ha voglia di parlare e in paese, cinquemila anime sparse fra palazzine e villette fronte mare cresciute sotto le ciminiere (ora spente) nel boom industriale degli anni Settanta, in pochi conoscono quel ragazzone tanto amato dai colleghi del 118. Mentre qualcuno, fra gli amministratori, cerca di capire che cosa possa aver spinto un uomo a puntare una pistola contro il soccorritore del 118 per poi scaricargli addosso le cinque pallottole che lo hanno ucciso.
Quasi un’esecuzione che ha scosso la comunità, così come ha turbato il sindaco di Portoscuso, Ignazio Atzori, che parla di un «omicidio che sembra fatto su commissione in un luogo dove si lavora per salvare le vite umane, ma spetta all’autorità giudiziaria fare luce sull’omicidio». Quella che ha colpito Pusceddu «è una tragedia inspiegabile», commenta l’amministratore che esprime solidarietà ai familiari, il padre Guelfo, la mamma Gina Virdis, i fratelli, sotto choc per quello che è accaduto al loro Marco. «È doveroso esprimere parole di vicinanza e cordoglio. Marco era un ragazzo con uno spirito civico ben preciso e quanto è accaduto non può lasciare indifferente l’opinione pubblica». Pusceddu non era originario di Portoscuso: «Risulta residente qui dal 1990», spiega Atzori che non conosceva personalmente l’uomo. «So solo che era una bravissima persona, come il resto della famiglia».
«La comunità portoscusese è fortemente provata». Il parroco del paese don Antonio Mura esprime parole di cordoglio a nome della comunità dei fedeli che hanno espresso la loro vicinanza con la preghiera. «Siamo vicini al loro dolore e preghiamo. Le nostre parole non sono sufficienti per dare consolazione a un genitore in un momento tragico come questo, questa tragedia ha scosso profondamente tutti». Così come ha scosso gli amici e gli ex compagni di scuola che hanno raccontato i suoi ultimi giorni di vita, spensierati. Dopo la lunga degenza in ospedale, Pusceddu aveva detto di essere felice di poter tornare a lavorare. «Quando ho saputo della sua morte non ci potevo credere», ha raccontato la sua ex compagna Roberta Agabbio. La famiglia di Pusceddu per un periodo si era trasferita a Domusnovas: «Marco era un bravissimo ragazzo, sempre disponibile, allegro, di buon cuore. Molto riservato. Ci eravamo sentiti anche quella sera, scherzava sempre. Ci siamo ritrovati tutti l’anno scorso per i 50 anni. Abbiamo fatto una pizzata e dalla sera condividevamo una chat in cui stavamo sempre tutti in contatto».
Marco Pusceddu era «innamorato della vita». Ai compagni delle elementari, l’attuale Istituto comprensivo statale Fernando Meloni, aveva raccontato quello strano episodio di cui era rimasto vittima: «Ci disse che qualcosa lo aveva colpito alla testa, che era stato operato più volte, ma che non ricordava esattamente come fossero andati i fatti. Parlando dell’incidente era stato molto vago, disse che non poteva dire molto e che stavano indagando i carabinieri».