La Nuova Sardegna

Ambiente e turismo

Area marina protetta Capo Testa: ormeggi via app e 1000 euro di multa per chi getta l’ancora sulla posidonia

di Serena Lullia

	Boe a Cala Spinosa, il direttore Yuri Donno e una murena nella boa con corpo vivo
Boe a Cala Spinosa, il direttore Yuri Donno e una murena nella boa con corpo vivo

Santa Teresa Gallura, il direttore Yuri Donno: «Abbiamo 150 boe e zone di ancoraggio libero individuate dopo uno studio, nel rispetto del mare ma pensando anche all’economia del territorio»

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Santa Teresa Nei 5mila ettari protetti di Capo Testa il mare ha trovato una gentile convivenza con l’uomo, fatta di regole chiare, rispetto e sorveglianza. Nella giovane area marina di Capo Testa – Punta Falcone 150 boe colorano le acque come segni di una grammatica nuova, pensata per proteggere non per essere un recinto. L’ente gestore ha stabilito i punti in cui inserirle, ma ha anche disegnato le zone di ormeggio libero, dove le imbarcazioni possono gettare l’ancora senza strappare parrucconi di posidonia. Ogni giorno sostano 300 barche. Qui non si improvvisa. Si ormeggia attraverso un’app solo dove è consentito. E chi sbaglia paga: oltre mille euro di multa per ormeggio in zona vietata, per un ancora gettata senza autorizzazione, per l’utilizzo di moto d’acqua. Un mezzo della Capitaneria di porto e venti guardie ambientali formate dal Comune di Santa Teresa presidiano le acque affinché le regole siano vive, non solo stampate. «Nessuna guerra al turismo o al diportismo – spiega il direttore dell’Amp, Yuri Donno, a cui l’amministrazione comunale ha affidato il timone dell’area marina -. Abbiamo scritto un disciplinare preciso, pensato per tutelare il mare ma anche per farne uno strumento di sviluppo economico per il territorio. Motivo per cui abbiamo cercato di semplificare la vita ai diportisti con un’app intuitiva e sistemi di pagamento digitali, informazioni chiare e un sistema di vigilanza e supporto a mare dal momento in cui si entra nel nostro specchio di mare. Da noi ormeggiano ogni giorno 300 imbarcazioni da 12 a 24 metri, tra libere zone di ormeggio e boe. Non sono consentiti numeri superiori. Oltre i 24 metri possono dare ancora nelle cosiddette zone C, al largo, ma sempre su autorizzazione».

Donno ha portato a Capo Testa una lunga esperienza maturata nel parco nazionale dell’arcipelago di La Maddalena, dove aveva ricoperto il ruolo di direttore facente funzioni per diversi anni. «Il bilancio di questa estate è stato sicuramente positivo – spiega il direttore  -. Il disciplinare ci ha aiutato a stabilire regole chiare andando incontro alle esigenze dei diportisti e consentendoci di portare avanti una reale azione di tutela delle acque, insieme a una corretta fruizione della nostra Amp. Certo i trasgressori ci sono anche da noi, ma viene svolto un grande lavoro di controllo dalla Guardia costiera e dalle nostre guardie ambientali».

Le boe Sono arrivate all’Amp grazie a un finanziamento del Pnrr. Un milione e mezzo di euro che l’ente è riuscito a ottenere dallo Stato. Alcune di queste boe hanno i corpi vivi. Significa cioè che la parte che riposa sui fondali è fatta di materiali naturali, con una forma tale da diventare casette per gli abitanti del blu. «Abbiamo due tipi di boe – spiega Donno -. Quelle a viti, di cui in superficie vedi solo l’anello che esce dal mare e quelle con i corpi vivi. Queste ultime sono realizzate con materiali eco friendly: all’interno hanno interstizi e piccole depressioni che ne fanno perfetti microambienti. E infatti stiamo notando come piano piano sono arrivate alghe, pesci, murene. In questo modo non sono corpi estranei ai fondali ma si integrano perfettamente con l’ambiente».

Ambiente ed economia Le boe sono state installate in tutta l’Amp. Da prima di Valle dell’Erica fino al versante di Santa Reparata. In un solo punto sono a 150 metri dalla costa, a Cala Spinosa. Nel resto dell’Amp a 200 metri. «I punti sono stati scelti sulla base di esigenze ambientali – precisa con orgoglio il direttore dell’Amp di Capo Testa -, per proteggere una zona sensibile o vicino ai punti in cui stiamo piantando la posidonia. Ma la loro posizione è stata studiata anche dal punto di vista economico. Se ad esempio in una spiaggia come Rena Bianca, al centro del paese, ci sono delle boe, le barche possono ormeggiare in sicurezza e scendere a terra anche per mangiare, fare acquisti, creare economia».

Benedetta tecnologia Una webapp indica la rotta dell’ormeggio ai diportisti. Le coordinate, il costo alla boa o in ormeggio libero. Non un orpello tecnologico ma una bussola per il diportista. «Per stabilire le zone di ancoraggio abbiamo fatto uno studio sui fondali – precisa Donno -. In prossimità delle boe ci sono spazi in cui si può gettare l’ancora perché con fondale sabbioso. Con la webapp individui dove e come ormeggiare, alla boa o in ancoraggio libero. Sai il costo giornaliero, settimanale, mensile. E nel momento in cui l’imbarcazione entra in Amp un nostro gommone va incontro al diportista».

Controlli e sanzioni Se si entra in zona rossa, ossia di riserva integrale, o si butta l’ancora dove non consentito le multe non sono una carezza. Oltre 1000 euro, in forma ridotta poco più di 300. A pattugliare i 5000 ettari di paradiso marino ci sono la Guardia costiera e le guardie ambientali. Il Comune ne ha formato una trentina, ma ce ne sono 20 operative. «Hanno una duplice missione – conclude Donno -. Essere un supporto per i diportisti e in caso di violazioni sanzionare. L’Area marina è un patrimonio di biodiversità straordinario di cui fruire, ma nel rispetto delle regole». 

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