Ultimi lavori nel carcere di Uta: lo sbarco dei 92 boss mafiosi al 41bis è imminente
Entro la fine di quest’anno i reclusi al carcere duro sbarcheranno nell’isola
Sassari La Sardegna si appresta a diventare la Guantanamo italiana. Alla porte di Cagliari, nel carcere di Uta, è tutto pronto per l’arrivo dei 92 boss mafiosi reclusi al 41-bis, che dovrebbero arrivare entro la fine di quest’anno. I lavori per il nuovo padiglione che ospiterà i detenuti procedono a ritmo serrato, ma dentro e fuori la struttura cresce la preoccupazione di chi conosce bene la realtà penitenziaria sarda. Solo qualche giorno fa sono arrivati - il maggior numero tra il carcere di Alghero e quello di Bancali - oltre 100 detenuti provenienti dal carcere di Regina Coeli dopo il crollo di un solaio. Su 300 sfollati quasi la metà sono arrivati nell’isola, amplificando criticità strutturali e destabilizzando realtà penitenziarie virtuose come quella algherese.
A dare voce al malessere sono Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo diritti riforme, e Irene Testa, garante dei detenuti dell’isola. «Le carceri sarde sono già al limite – afferma Caligaris – le strutture sono fragili, il personale è insufficiente e gli spazi non bastano più. Inserire in un contesto come questo i detenuti al 41bis significa piegare un sistema già logoro, che non riesce nemmeno a garantire il diritto alla salute». «Quello che colpisce di più è anche il fatto che dopo l’arrivo degli oltre 100 detenuti da Regina Coeli la politica sia rimasta totalmente in silenzio. Mi sembra che ci si sia dimenticati della funzione rieducativa, costituzionalmente garantita, della pena» conclude la presidente di Sdr.
“Era già tutto previsto” L’arrivo dei detenuti al 41bis in Sardegna era già stato deciso dal quarto governo Berlusconi nel 2009, sotto la presidenza della Regione di Ugo Cappellacci. Risalgono a quel periodo i documenti per l’ampliamento della casa circondariale “Ettore Scalas” di Uta. Da allora la solita infinita odissea delle opere pubbliche all’italiana, con rimpalli tra il ministero delle Infrastrutture e quello della Giustizia, soldi finiti e un progetto che sembrava in stand-by. Con l’attuale Guardasigilli Carlo Nordio i lavori sono invece ripartiti in gran fretta, ed entro poche settimane il nuovo blocco del carcere del Cagliaritano sarà concluso.
L’interrogativo che corre tra gli addetti ai lavori, associazioni e Procure è sempre lo stesso: il tessuto sociale ed economico sardo, è pronto ad ospitare altri 92 detenuti al 41bis - con i rispettivi accoliti al seguito - diventando così la regione con la più alta concentrazione nelle proprie carceri?
La garante dei detenuti della Sardegna Irene Testa commenta: «A Uta manca tutto: mancano agenti di polizia penitenziaria, mancano medici. Mancano persino i farmaci di base, spesso sono i familiari a portarli da fuori. Ci sono poi pochissimi psichiatri. E ora, come se nulla fosse, si decide di far arrivare anche i mafiosi del 41 bis, in un contesto penitenziario più che sovraffollato che è tragico».
La garante spiega anche la situazione nel carcere di Alghero, dove l’arrivo improvviso di decine di detenuti sfollati da Regina Coeli ha già sconvolto un modello virtuoso: «Era un carcere dove i reclusi studiavano, lavoravano, costruivano percorsi positivi. Ora è stato tutto snaturato, destabilizzato. È lo stesso schema che si ripete: strutture che funzionavano vengono travolte per far posto a logiche di sicurezza cieca, mentre chi lavora all’interno viene lasciato solo».
Il termine ultimo dei lavori dettato dal ministero dell’Interno è fissato per il 25 gennaio del 2026, ma dirigenti Dipartimento amministrazione penitenziaria e del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria hanno già effettuato dei sopralluoghi. Segno che la clessidra per l’arrivo dei 92 capimafia sta per esaurirsi.