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Il Partito democratico è diventato maggiorenne: 18 anni di scontri, vittorie e ko

di Alessandro Pirina
Il Partito democratico è diventato maggiorenne: 18 anni di scontri, vittorie e ko

Tre milioni e mezzo di italiani il 14 ottobre 2007, scelsero Veltroni come primo segretario dem

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Sassari Il Pd è diventato maggiorenne. Diciotto anni fa oltre tre milioni e mezzo di italiani in fila ai gazebo per eleggere il primo segretario dem. È il 14 ottobre 2007. Per Walter Veltroni è un successo facile, i big di Ds e Margherita sono tutti con lui. Uno scenario che si ripete in tutte le regioni, dove i segretari regionali vengono scelti tutti con percentuali bulgare. Ovunque ma non in Sardegna, dove la fusione tra ex Pci, ex Dc ed ex Psi inizia all’insegna dello scontro all’ultimo voto.

Da una parte, Antonello Cabras, ex presidente socialista della Regione, appoggiato da tutti i big, dall’altra, Renato Soru, ai tempi governatore in carica, che contribuisce alla fondazione del Pd col suo Progetto Sardegna. Vince il primo, seppur di misura, ma non sarà una coabitazione facile. Soru annuncia la sua ricandidatura alla Regione, Cabras rilancia le primarie. Sarà uno scontro durissimo che porta prima alle dimissioni del segretario e poco dopo a quelle dello stesso governatore, che con questa mossa riesce però a ottenere la ricandidatura, ma alle urne la Sardegna sceglie il centrodestra a trazione Cappellacci (e soprattutto Berlusconi). Un terremoto che arriva oltre Tirreno, dove Walter Veltroni lascia la segreteria.

Quello scontro tra Cabras e Soru è l’inizio di una guerra interna ai dem sardi che si è protratta per anni. Fino a oggi. Al vertice del partito viene eletta Francesca Barracciu, soriana di ferro. Dopo il ko elettorale il Pd pensa a riorganizzarsi. A livello nazionale la sfida è tra Franceschini e Bersani, nell’isola tra la stessa Barracciu e Silvio Lai. Vince quest’ultimo. Perde Soru.

Con la segreteria Lai l’isola vira quasi tutta verso il Pd: non solo roccaforti come Nuoro e Sassari, ma anche Oristano, Cagliari - anche se col Sel Massimo Zedda - e addirittura Olbia, con una alleanza da Vendola a Fini. Ma lo scontro sull’Anci manda in crisi la maggioranza di Lai, costretto ad accettare l’aiuto di Soru e la Barracciu come vice.

Siamo nel 2013 e si svolgono le primarie per la premiership tra Bersani e Matteo Renzi. Il segretario stravince, il rottamatore ha dalla sua solo l’ex ministro Arturo Parisi e pochi altri. L’isola è la regione più bersaniana d’Italia. Un anno dopo, però dopo la mancata vittoria alle politiche, lo streaming con Crimi e Taverna e Bersani caduto in disgrazia, il sindaco di Firenze sfratta Letta da Palazzo Chigi. Ebbene, tutti i big sardi seguono l’onda della rottamazione. Tutti renziani. Nel frattempo, però, la Barracciu, che aveva vinto le primarie per la Regione, inciampa nell’inchiesta sui fondi ai gruppi e deve farsi da parte.

Il Pd punta su Francesco Pigliaru, che, complice l’assenza dei 5 stelle dalla tornata elettorale (ma c’è una quotatissima Michela Murgia), supera di misura Cappellacci. Il Pd, dunque, torna al governo della Regione e prova a rimettere insieme i suoi pezzi. Succede che Cabras e Fadda candidano il grande nemico Soru, ai tempi europarlamentare, alla segreteria. L’ex governatore vince, ma l’idillio dura poco e un anno dopo è già divorzio. Nel 2017 il Pd va di nuovo a congresso: i soriani sono con Francesco Sanna, ma a vincere sarà Giuseppe Luigi Cucca, renziano, che seguirà l’ex premier in Iv, per poi finire ko come candidato sindaco del centrodestra a Nuoro. Sono gli anni della crisi del renzismo, l’isola vede cambiare colore anche città storicamente rosse come Sassari e Nuoro.

Alle politiche del 2018 i 5 stelle stravincono, i dem crollano e anche Cucca lascia la segreteria. Viene scelto come reggente Emanuele Cani, ci sono le regionali da organizzare. Pigliaru si fa da parte, Zedda dà la sua disponibilità ma è un altro bagno di sangue. Vincono Christian Solinas e l’asse di ferro Psd’Az-Lega. Nel Pd Zingaretti archivia il renzismo anche nell’isola. Ma poi anche lui lascia. E nei dem inizia una nuova stagione con la vittoria di Elly Schlein. Ma la Sardegna vota in massa per Bonaccini. Anche i due contendenti, Piero Comandini e Giuseppe Meloni, appoggiano il presidente emiliano. Il secondo ha più voti, ma per il regolamento Comandini ha più seggi e viene eletto segretario. È di nuovo tempo di regionali, i dem accettano un nome M5s: nelle urne, complice anche un Truzzu che affonda nella sua Cagliari, Alessandra Todde si impone di misura. E questo malgrado in gara ci sia anche Soru, ormai fuori dal Pd, con una coalizione centrista. Oggi i rapporti tra Pd e M5s sono buoni, forse. Sulla loro tenuta pesa quella spada di Damocle che si chiama decadenza. E il Pd, che ha deciso di riaffidarsi a Silvio Lai (che sabato nominerà Ivana Russu, ex assessora Pd a Olbia, come sua vice), si muove pensando alle prossime scadenze con l’obiettivo di allargare quel campo largo che in Toscana ha dimostrato di funzionare, meno in Calabria. Perché la guida Lai ha con un obiettivo: smentire quella regola sarda della alternanza che vede vincere una volta la destra e una la sinistra.

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