Pena di morte, a lungo in agonia e il suo cuore ha battuto per due minuti dopo l’esecuzione. È polemica
Dal Tennessee una storia che riapre il dibattito sulla condanna a morte in alcuni stati americani
NEW YORK Una storia che riapre il dibattito sulla pena di morte negli Stati Uniti. Byron Black, 69 anni, condannato per un triplice omicidio avvenuto nel 1988, è stato giustiziato il 5 agosto nel carcere del Tennessee. Ma qualcosa è andato storto: il cuore dell’uomo ha continuato a battere per quasi due minuti dopo che era stato dichiarato morto. Costretto su una sedia a rotelle e affetto da demenza, Black si era sempre dichiarato innocente. I suoi legali avevano incentrato la difesa sulle sue gravi condizioni mentali e su un quoziente intellettivo inferiore alla media, ma ciò non ha impedito l’esecuzione.
Solo settimane dopo, grazie all’accesso ai tracciati dell’elettrocardiogramma, i suoi avvocati hanno scoperto che l’attività cardiaca era ancora presente per un minuto e cinquanta secondi dopo l’orario ufficiale della morte. E non si può escludere che sia continuata ancora, visto che il tracciato si è interrotto prima di mostrare l’andamento piatto che certificherebbe l’arresto cardiaco. Durante l’esecuzione, durata oltre dieci minuti, i testimoni hanno riferito che è stato difficile trovare la vena per l’iniezione e che Black si è lamentato del dolore al braccio. Il farmaco usato, il Pentobarbital, avrebbe dovuto causare la perdita di coscienza in pochi secondi e una morte rapida. Invece, secondo alcuni presenti, il detenuto è apparso a lungo in agonia, prima che il personale coprisse la scena con una tenda, impedendo ulteriori osservazioni. Il caso, rivelato dall’agenzia Associated Press e riportato da Repubblica, solleva nuove domande sull’affidabilità delle esecuzioni con iniezione letale e sulla sofferenza inflitta ai condannati. In Tennessee e in altri stati americani si torna così a discutere della pena capitale, delle sue modalità e dei limiti etici che ancora la circondano.
