La Nuova Sardegna

Il caso

Oltre 60 ore settimanali e uno stipendio lordo di 1800 euro: la difficile vita degli specializzandi di Medicina

di Massimo Sechi
Oltre 60 ore settimanali e uno stipendio lordo di 1800 euro: la difficile vita degli specializzandi di Medicina

Il presidente dell’ordine dei medici della provincia di Sassari: «C’è poi un problema legato alla graduatoria nazionale unica. Formiamo professionisti che tornano nelle loro regioni d’origine»

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Sassari La dura vita dei giovani medici laureati sardi, spesso costretti a dover lasciare l’isola per la specializzazione. A segnalare questa situazione è la madre di uno specializzando che, appunto è dovuto andare nella penisola per completare il proprio percorso formativo. «Tanti giovani medici laureati sardi – scrive – sono costretti a fare enormi sacrifici economici e personali, i loro stipendi, che già sono bassi, non sono sufficienti a coprire le spese. Un medico specializzando, infatti, lavora mediamente 60 ore settimanali, ma il suo stipendio, che dopo le tasse e le trattenute si attesta intorno ai 1400 euro, non è assolutamente in grado di far fronte alle difficoltà quotidiane».

Nella lettera viene sottolineata anche la condizione di precarietà. «Sono spesso costretti a orari di lavoro che mettono a dura prova la loro salute fisica e mentale. Questa condizione non è una semplice difficoltà personale, ma riguarda un’intera generazione di giovani sardi, che si trovano ad affrontare una situazione paradossale. Mentre in altre regioni d'Italia la carenza di medici viene affrontata attingendo anche dalle risorse dei nostri laureati, la Sardegna continua a restare in una situazione di “deserto sanitario”. Questo non solo penalizza i giovani professionisti sardi, ma contribuisce anche a indebolire il sistema sanitario regionale, in un momento in cui sarebbe cruciale avere più medici sul territorio. Vorrei portare anche la mia esperienza personale a supporto di quanto esposto: mio figlio, uno specializzando in medicina, si trova a dover seguire il suo percorso fuori dalla Sardegna, poiché nella nostra regione non esiste una scuola di specializzazione per la sua disciplina. La mia non vuole essere una protesta personale, ma un appello per far comprendere la gravità di una situazione che, se non affrontata, continuerà a danneggiare tanti giovani sardi».

Per Antonio Desole, segretario provinciale della federazione dei medici di medicina generale, «in Sardegna ci sono tante scuole di specializzazione per i giovani medici e alcune anche di grande pregio, non c’è quindi un problema dal punto di vista della proposta della formazione. È vero però che lo stipendio per gli specializzandi è basso, 1800 euro lordi sono pochi. E per quanto riguarda gli specializzandi in medicina generale, quando superano un certo numero di pazienti il problema è che perdono la borsa di studio e diventano un costo anche per le aziende sanitarie».

Il presidente dell’ordine dei medici della provincia di Sassari Salvatore Lorenzoni sottolinea, invece, quanto il sistema del concorso nazionale per l’ingresso nelle scuole di specializzazione penalizzi i medici sardi. «Oggi c’è una graduatoria nazionale unica e chi è nei primi posti sceglie sede e specializzazione. Le scuole in Sardegna ci sono ma la verità è che purtroppo può capitare che un sardo sia costretto per la posizione in graduatoria a dover andare fuori. È un problema che esiste anche per le altre regioni ma per noi, essendo un’isola, il disagio è maggiore. Ma c’è anche l’aspetto della fidelizzazione che a mio parere non va bene. Chi arriva da fuori nell’isola per frequentare una nostra scuola da noi difficilmente poi quando termina rimane qui. Questo vuol dire che in Sardegna formiamo molti medici che poi perdiamo. E i nostri medici che invece vanno fuori spesso non ritornano quando finiscono la scuola. Il paradosso – conclude Lorenzoni – è quindi che rischiamo di avere meno giovani laureati sardi in medicina che alla fine rimangono nell’isola».

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