La Nuova Sardegna

Il personaggio

Da anni si veste da Batman per i bambini ricoverati, ecco chi è il supereroe del sorriso

di Massimo Sechi
Da anni si veste da Batman per i bambini ricoverati, ecco chi è il supereroe del sorriso

Volontario da 15 anni, entra nei reparti pediatrici per regalare coraggio ai piccoli pazienti

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Cagliari  Da sette anni si veste da Batman per andare a fare visita ai bambini ricoverati in ospedale. Salvatore Monni è un commerciante di 51 anni di Cagliari che a un certo punto della sua vita ha scelto di dedicare parte delle sue giornate al volontariato. Ha scelto Batman per le sue incursioni nei reparti. «Batman è un essere umano, non ha superpoteri. È un uomo con le sue debolezze e i suoi punti di forza, e per questo chiunque può rispecchiarsi in lui. Ai bambini dico sempre che la sua storia nasce da un evento tragico, ma che da quel dolore lui è riuscito a tirare fuori qualcosa di positivo. È questo il messaggio: anche in un momento difficile si può trovare la forza per trasformarlo in qualcosa di buono». Il suo obiettivo non è semplicemente intrattenere i bambini per qualche minuto ma stabilire un contatto. «Con i bambini non basta un bel costume – spiega – devi interpretare il personaggio. Io cerco di pormi come una figura credibile. I bambini hanno rispetto e capiscono subito se stai fingendo».

Il suo percorso nel volontariato inizia molto prima. «Faccio volontariato da quindici anni. All’inizio andavo in ospedale dagli adulti, poi a un certo punto mi sono detto: vorrei provare con i bambini. È un mondo completamente diverso, molto più complicato. Avevo paura di fare qualcosa che potesse farli sentire peggio, perché le buone intenzioni da sole non bastano». Da qui l’idea dell’eroe mascherato: «Mi sono chiesto come potessi entrare in contatto con loro. Ho pensato a Batman proprio perché è umano».

Indossare il costume, però, non è stato sufficiente. «I bambini sono iper tutelati. Non è che ti presenti vestito e ti fanno entrare nei reparti. Mi sono avvicinato agli ospedali attraverso altre associazioni di volontariato, hanno visto che ero una persona seria». Oggi Monni può entrare al Microcitemico di Cagliari, al Brotzu, a Iglesias, e in passato anche a Nuoro.

Il primo ingresso come spesso accade ha lasciato il segno. «Ero molto emozionato. Sono bambini ricoverati che ovviamente non vorrebbero stare in reparto, hanno una naturale insofferenza. La mia paura più grande era proprio quella di sbagliare. Poi, quando varchi la soglia della stanza e vedi gli occhi meravigliati dei bambini che vedono il loro supereroe preferito, diventa tutto in discesa». Alcune reazioni non si dimenticano: «Un bambino, appena mi ha visto, ha sgranato gli occhi e ha detto: “Ma allora esiste!”. In quel momento ha sognato davvero e per me è stata una grandissima emozione».

Non sempre l’impatto è immediato. «Capita anche il bambino scettico, soprattutto tra gli adolescenti. E a volte sono talmente realistico che qualche bambino piccolo si spaventa e piange, perché il costume è grande, imponente». Anche questo fa parte dell’equilibrio da trovare ogni volta.

Monni cerca di andare in ospedale almeno una volta al mese. «A Natale, paradossalmente, cerco di andare meno. In quel periodo vanno tutti, associazioni, forze dell’ordine, motociclisti. Io preferisco esserci durante l’anno, quando poi spesso non c’è più nessuno. Anche se poi finisce che mi chiamano e vado comunque». Non è solo: «Io mi vesto solo da Batman, ma ho amici che vengono con me vestiti da Spider-Man o da principesse. Non siamo un’associazione, siamo amici che uniscono le forze».

Tra i ricordi più forti, la richiesta di una mamma. «Aveva perso il marito e  mi chiese di parlare ai suoi figli per portare loro un messaggio da parte del padre, perché io, come supereroe, potevo avere accesso all’aldilà. È stata una responsabilità enorme». Ci sono anche i compleanni dei bambini malati o ex pazienti, e momenti durissimi: «Purtroppo è capitato anche di dover andare ai funerali. È la cosa più dolorosa, fa sempre malissimo».

Accanto alle visite in ospedale, Monni ha avviato altri progetti. «L’anno scorso sono andato nelle scuole per spiegare l’educazione civica, dicendo ai bambini come diventare veri supereroi: essere buoni con i genitori, aiutare in casa, rispettare insegnanti e compagni. Detto da un supereroe, il messaggio arrivava meglio». Un’idea futura guarda agli istituti penitenziari minorili: «Non per presentarmi come Batman, ma per raccontare un percorso possibile, spiegare che una volta fuori si può fare qualcosa di buono nel volontariato». «Ci sarebbero tantissime cose e aneddoti da raccontare», spiega. Ma il senso, alla fine, resta tutto lì: «entrare in una stanza d’ospedale e regalare, anche solo per pochi minuti, la possibilità di sentirsi più forti».

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