La Nuova Sardegna

Sassari

Lai: «Caso Banco, il Pd sardo non accetta lezioni»

di Filippo Peretti
Lai: «Caso Banco, il Pd sardo non accetta lezioni»

Replica a Fassina e Pittalis sul caso Cabras. Sulla Fondazione il segretario a Pigliaru: «No alla riduzione del peso azionario»

14 marzo 2013
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CAGLIARI. Il Pd sardo replica agli attacchi sulle nomine (in particolare quella del senatore uscente Antonello Cabras alla Fondazione Banco di Sardegna) e rilancia aprendo il dibattito sul futuro del credito nell’isola. Il segretario Silvio Lai non ha accolto bene l’intervento del responsabile economico del partito nazionale, Stefano Fassina, che due giorni fa ha definito «inopportuna» la nomina di Cabras perché la linea è invece quella della separatezza tra politica e banche. «In Sardegna le strade oggi richieste – ha replicato Lai – erano già percorse mentre altri esaltavano il modello Siena. Talvolta ai sardi é utile ricordare di non essere sempre gli ultimi in classifica». Insomma, il caso Montepaschi non può essere usato in Sardegna.

Il segretario ha replicato anche agli attacchi del capogruppo del Pdl Pietro Pittalis: «Nessuna lezione da chi ha avuto il proprio vertice nazionale contemporaneamente in parlamento e presidente di banca, indagato e dimissionato dalla Banca d'Italia, o ha nominato i segretari di partito nelle banche pubbliche». Il riferimento è a Denis Verdini. Lai ha poi aggiunto: «Nessuna lezione da chi rimpiange ancora la vecchia Banca di Sassari».

Le nomine dovrebbero scattare tra due-tre settimane. Cabras è stato chiamnato dal comitato di indirizzo della Fondazione a prendere il posto di Antonello Arru, anch’egli del Pd, che dovrebbe andare al Banco di Sardegna. Nei giorni scorsi Lai aveva detto che il Pd «non è coinvolto nelle designazioni». E ora lo conferma, difendendo l’autonomia dei soggetti pubblici chiamati a fare le nomine.

Ma al di là delle polemiche, Lai ha colto l’occasione dellìapprovazione del bilancio del Banco di Sardegna per aprire un dibattito. Il bilancio «pone problemi nuovi ben sintetizzati in un post di Francesco Pigliaru». L’economista, ha detto Lai, «propone alla riflessione il vantaggio per la Fondazione del Banco a continuare a detenere il 49% della proprietà della banca, anziché venderla e fare investimenti diversificati anche in campo sociale». Lai ha detto di essere del parere opposto. E ha spiegato: «Il bilancio del Banco contiene dati interessanti sulla sua organizzazione e sulla raccolta e l’impiego dei risparmi, ha oltre 300 agenzie e filiali nell’isola, , alcuni in paesi dove il mantenimento degli uffici non può essere redditizio». Inoltre il Banco «raccoglie e impiega per i prestiti a famiglie e imprese 10 miliardi di euro l'anno, di cui nell'isola circa l’85% degli impieghi sardi».

Nel bilancio 2012, ha detto Lai, «emerge un passivo di 20 milioni dovuto alla scelta di un accantonamento di 300 milioni per sofferenze e incagli. I dati dell'Abi ci dicono che nell'isola il livello di sofferenza è circa il doppio rispetto al territorio dove opera Bper, perché le imprese e le famiglie sarde fanno il doppio della fatica a restituire i soldi. Le conclusioni sono abbastanza ovvie: per la banca sarebbe conveniente dare prestiti dove sono più sicuri, cioè non in Sardegna».

In sostanza «il Banco, da buona banca, dovrebbe impiegare non il 15% ma il 50% della sua raccolta fuori dall'isola per garantirsi una redditività adeguata e chiudere molte filiali e agenzie». Perché non lo ha fatto sinora? «La mia opinione – ha detto Lai – è che non lo ha fatto sia per lo sbarramento dato dalla Fondazione, socio unico forte del 49% della proprietà che lo vincola al territorio, e, giuridicamente, anche per i patti parasociali voluti da Bastianino Brusco e della loro successiva difesa». Secondo Lai è «un bene» che il Banco si senta vincolato a fare «4 miliardi di impieghi (investimenti) nell'isola», cosa che «difficilmente farebbe un’altra banca».

Affidarsi al solo mercato «non sarebbe utile alla Sardegna». Per questo, ha spiegato il segretario del Pd sardo, «non mi convince, men che meno in questa fase di crisi, l'idea romantica di una Fondazione del Banco dedicata alla sola attività di beneficenza e sostegno al terzo settore, e non impegnata nel miglioramento, c ma anche in una conferma della necessaria diversità del Banco, perché vedo necessario, per lo stato dell'isola, l'esigenza di evitare il disimpegno di qualunque soggetto, sia esso pubblico o privato nella forma, ma di interesse pubblico, nella difficile definizione e conduzione di una strategia di ripresa per l’isola».

Per quanto riguarda le nomine, Silvio Lai ha affermato che «per ciò che mi riguarda la Fondazione potrebbe rinunciare a qualunque nomina in seno al Banco se non fosse necessaria a difendere questa prospettiva di medio termine». E quanto alle accuse di ingerenze del Pd, il segretario ha concluso: «Sono convinto che i rappresentanti selezionati dalle imprese tramite le Camere di commercio, dal sistema della conoscenza tramite le Università e dal sistema degli Enti locali perché rappresentanti più vicini ai cittadini, non saranno subalterni a nessuno nello scegliere chi deve guidarli, nello scegliere in piena autonomia la persona più adatta e autorevole ad interpretare una scelta di campo economica e sociale».

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