La Nuova Sardegna

Sassari

Crac da 2,8 milioni industriale casearia sotto inchiesta

di Elena Laudante
Crac da 2,8 milioni industriale casearia sotto inchiesta

La “Cossu Demetrio Sas” di Thiesi era fallita nel 2010 Secondo la Procura il buco fu causato dal socio unico

25 aprile 2013
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SASSARI. Dietro il fallimento della società “Cossu Demetrio”, un tempo proprietaria della grande azienda casearia di Thiesi, ci sarebbero operazioni da bancarotta portate a termine dall’allora socio unico, Rita Cossu, 49 anni, tra le eredi della famiglia di industriali caseari del Meilogu. È questa la spiegazione che la magistratura dà al buco da quasi tre milioni di euro trovato dal tribunale quando aveva dichiarato il fallimento della società, l’8 marzo 2010. Buco che - stando alle indagini appena concluse - sarebbe stato creato proprio dall’industriale, Cossu, alla quale sono contestate due ipotesi di reato: bancarotta fraudolenza e semplice.

Si tratta di accuse che devono ancora approdare davanti a un giudice. A breve il pm Carlo Scalas potrebbe chiedere il processo e allora l’imprenditrice, assistita dall’avvocato Pierluigi Carta, potrà presentarsi davanti al giudice dell’udienza preliminare per dimostrare la sua estraneità ai fatti. Dopo il crac della “Cossu Demetrio Industria Casearia Sas”, la Procura ha ricostruito le cause di quel dissesto, oggi attribuite a mosse societarie sospette. Poco chiaro è un improvviso ammanco da oltre due milioni di euro, rilevato nel bilancio 2008. All’inizio dell’esercizio, il documento contabile indicava 2 milioni 90mila euro di rimanenza merci e materiali di consumo. Ma alla fine dell’anno, in esercizio quella stessa posta era scesa a zero, nonostante - rileva il magistrato - le vendite registrate ammontassero solo a 12mila euro. Senza traccia in bilancio, quel valore si è come volatilizzato. E ovviamente sarebbe stato sottratto ai creditori che poi faranno parte della procedura fallimentare. Almeno questo è il sospetto che sta alla base della contestazione di bancarotta.

Altro presunto azzardo societario, la messa a bilancio di un credito da 699mila euro, caparra che però non sarebbe mai stata riscossa. Stando agli inquirenti, in questo modo Cossu avrebbe realizzato una infusione di liquidità che però nulla aveva a che fare con la fornitura di merci.

L’ultima operazione inquadrata come fraudolenta è la locazione dell’azienda a un’altra società, che però sarebbe avvenuta a canone incongruo, quando lo stato di insolvenza era già conclamato e di fatto l’impresa dissestata non era più in grado di esercitare l’attività. Ultima contestazione del pm è quella di non aver chiesto la dichiarazione di fallimento, omissione codificata come presunta bancarotta semplice.

Ora che le indagini sono concluse l’imprenditrice si può presentare in Procura per sollecitare, carte alla mano, un proscioglimento, oppure attendere l’udienza preliminare.

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