La Nuova Sardegna

Sassari

Padre Morittu: «La malattia fa paura»

di Gianni Bazzoni
Padre Morittu: «La malattia fa paura»

Il frate che ha fondato Mondo X Sardegna e l’unico centro attivo nell’isola: chi governa stia dalla parte dei più deboli

30 novembre 2013
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. La casa della dignità e della speranza contro ogni forma di emarginazione è lì dove finisce il muro. Oltre ci sono i binari, ogni tanto il treno scuote il pavimento. La famiglia è quella dell’Associazione Mondo X guidata da padre Salvatore Morittu che - nel 1988 - ha creato quella che rimane l’unica struttura presente in Sardegna per accogliere persone malate di Aids e patologie correlate. Domani si celebra la giornata mondiale per la lotta all’Aids, ma già da oggi parte una due giorni dedicata alla solidarietà e la Casa famiglia sarà aperta a chiunque desideri visitarla. A quasi trent’anni dalla comparsa della malattia nell’isola (un ragazzo morto a S’Aspru), padre Salvatore Morittu traccia un bilancio e indica i rischi ancora esistenti, sottolinea l’importanza del volontariato.

L’Aids fa ancora paura?

«Sì, è così. Specie quando appare il segno del decadimento del corpo, la malattia si impossessa di ogni organo, ti cambia aspetto e non riesci più a conviverci».

Sono stati compiuti passi da gigante per quanto riguarda le cure...

«Non c’è dubbio. Ma succede questo: mentalmente siamo tutti predisposti all’idea che a una malattia debba seguire una terapia capace di restituirci la salute. Diciamo che oggi le cure ci sono, anche se - per quanto riguarda l’Aids - non avverrà mai che la salute venga restituita integralmente. Se un giorno dovessi avere una malattia, il mio pensiero - come quello di tutti - è sempre rivolto alla ricerca di una soluzione che ti consenta di tornare come prima. Con l’Aids, sappiamo che questo non può avvenire».

La ricerca va avanti, però esistono ancora ritardi per quanto concerne la tutela dell’aspetto psico-affettivo degli ammalati?

«Come conoscenza e informazione medico-sanitaria siamo molto avanti, sappiamo davvero tante cose. E’ carente, però, il sistema di assistenza, l’attenzione ai bisogni affettivi e anche sessuali. La persona malata si trova a convivere con una continua insicurezza che genera stress e complessità nel vivere quotidiano».

Capita di sentirsi spesso soli a combattere una battaglia che ha dimensioni straordinarie?

«La solitudine che noi avvertiamo è diversa. Si è sviluppata una mentalità che porta a fare calare l’attenzione verso le persone in difficoltà. Salvo che nelle grandi emergenze, e i fatti di questi giorni di Olbia dimostrano quanto preziosa può essere la partecipazione per aiutare chi ha bisogno».

Non solo emergenze ma anche quotidianità?

«E’ compito nostro sollecitare l’attenzione della gente, per dare una mano a chi è colpito da una malattia, per essere vicini all’ultimo, all’elemento debole della catena. Serve questa consapevolezza: volontario per un progetto di vita che mette al centro la persona».

La solidarietà si costruisce, non si inventa sul momento...

«Noi andiamo avanti grazie alla generosità della gente e al nostro lavoro. Nel senso che cerchiamo di fare ogni cosa nel modo più dignitoso possibile. Come Gesù, insomma. Prima della moltiplicazione dei pani e dei pesci chiese: voi cosa avete? Ecco, noi abbiamo questo».

Chi governa è troppo distante dalla gente?

«Siamo in un momento delicato, vicini anche alle elezioni. Tutti coloro che hanno la responsabilità di amministrare il bene comune, hanno il dovere di percepire i bisogni e i diritti dei più deboli. Lavoro e sostegno alle famiglie in primo piano».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Il nuovo decreto

«La mannaia sul Superbonus devasterà tantissime vite»

di Luigi Soriga
Le nostre iniziative