La Nuova Sardegna

Sassari

Sergio Francioni, il professore di Latino che amava il Greco

Sergio Francioni, il professore di Latino che amava il Greco

Docente dell’Azuni e dello Spano, era un “accudiddu”: nella sua pronuncia c’era un’ombra di accento toscano, ma arrivò in città quando aveva dodici anni

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C’è questa poesia: «Grande, tacito, invaso / dalla grigia sera, una voce / vi sussurra: “Pareva giunta a Ilio / con lei quasi la calma / d’un mare senza venti, / ornamento soave d'un tesoro, / morbida freccia degli occhi, / fiore d'amore / che morde l'anima…”/ Di qui salpammo a inseguire / la bella fuggitiva. / (Ma era un sogno, un inganno degli dei). / E fummo lungo le rive / dell'Ilisso, ove Socrate e Fedro / ragionano d'amore. Al cielo / della Bellezza l'anima si leva. / Ma è tardi, è notte ormai, le ciurme / disperse, le navi / deserte in secco sul lido. / Resistono i puntelli». La poesia è intitolata Vecchio Liceo, e il Liceo è proprio quel liceo “Azuni” di cui io stesso ne ho parlato qui giovedì scorso. L’ha scritta diversi anni fa uno dei professori che ci avevano insegnato, Sergio Francioni, che è stato anche uno dei più apprezzati e amati professori sassaresi nella seconda metà del Novecento (anche se poi il suo “nido” preferito fu il liceo scientifico “Spano”).

La citazione tra apici (come si chiamano) viene dall’Agamennone di Eschilo. Perché questa è una curiosità della biografia di Sergio: grande professore di Italiano e Latino, amava soprattutto quei classici greci che pure non insegnava. Molti sassaresi di una certa età ricordano le sue “Lecturae Dantis”, così come ricordano i suoi articoli sui giornali sassaresi, in particolare sul “Corriere dell'isola”, negli anni fra il 1947 e il 1957: proprio nel 1946, del resto, era stato eletto consigliere comunale per la Dc. Sergio non era sassarese, e della sua caratteristica di acccudiddu gli restava nella pronuncia un’ombra di accento toscano. Eppure a Sassari era venuto con la famiglia che aveva solo 12 anni. Era nato a Cecina, cui fu sempre molto affezionato: quand’era già in pensione lo chiamarono di lì a fare una conferenza sui garibaldini di Cecina: e non gli parve vero, perché suo nonno era stato garibaldino, ferito a Mentana nel 1867. I sassaresi lo hanno sempre considerato come uno dei loro: nessuno che sia stato suo alunno ha dimenticato non solo la profondità del sapere ma anche il tratto gentile, aristocratico. Ora, dopo la sua morte, i figli hanno raccolto le sue poesie in un volumetto intitolato (da loro) "Il perché di tutto", edito da Delfino: e siccome le sorti della vita li hanno dispersi fra Sassari, Firenze, Milano e Pavia firmano tutti insieme questa cara memoria del padre.

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