La Nuova Sardegna

Sassari

Il pm: Erittu fu ucciso, Bigella non mentì

di Nadia Cossu
Il pm: Erittu fu ucciso, Bigella non mentì

Otto ore per ricostruire l’omicidio in cella. L’accusa: non si ammazzò, le dichiarazioni del reo confesso sono attendibili

20 maggio 2014
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SASSARI. Otto ore di requisitoria. Ma il pubblico ministero Giovanni Porcheddu ha solo iniziato la sua discussione nel processo che si sta celebrando davanti alla corte d’assise di Sassari per l’omicidio di Marco Erittu, il detenuto trovato morto in una cella di San Sebastiano il 18 novembre del 2007. La requisitoria proseguirà venerdì pomeriggio quando il sostituto procuratore esporrà e analizzerà tutti gli altri elementi accusatori.

Inizialmente il fatto fu archiviato come un suicidio ma in seguito alle dichiarazioni del pentito Giuseppe Bigella che si autoaccusò del delitto indicando in Pino Vandi il mandante, le indagini furono riaperte. Vandi fu arrestato e Bigella condannato. Ai domiciliari, per gli stessi fatti, è finito l’agente di polizia penitenziario Mario Sanna indicato sempre dal reo confesso come colui che aprì la porta della cella al commando composto da Bigella e da un altro detenuto, Nicolino Pinna (imputato ma mai arrestato) che lo avrebbe aiutato a uccidere Erittu. Il movente? La vittima sarebbe stata a conoscenza di un coinvolgimento di Pino Vandi nel sequestro del farmacista di Orune Paoletto Ruiu e nella scomparsa del muratore di Ossi Giuseppe Sechi.

L’ossatura del processo. Il pm lo dice a chiare lettere: «È rappresentata dalle dichiarazioni di Giuseppe Bigella». Ed è rappresentata soprattutto dall’esigenza di dimostrare l’attendibilità e la credibilità del supertestimone che ha chiamato altri in correità. «Un essere umano tende a non accusarsi – ha esordito Porcheddu – e invece in questo caso la naturale tensione alla libertà viene invertita. Bigella in primo luogo incolpa se stesso, si assume in pieno la responsabilità del delitto».

Le dichiarazioni di Bigella. «È stato un omicidio – racconterà agli inquirenti – Lo abbiamo ucciso per evitare che parlasse con la magistratura». Il pubblico ministero legge alla corte d’assise presieduta da Pietro Fanile (a latere Teresa Castagna) le dichiarazioni più salienti della lunga confessione. «Erittu mi disse che sapeva dove era seppellito Giuseppe Sechi». Da allora sarebbero iniziate le minacce per convincere il detenuto a stare zitto: «Ma nonostante questo – continua Bigella – lui aveva chiesto un colloquio con un maresciallo e poi con il procuratore capo. Vandi seppe che Erittu voleva collaborare con la magistratura, per questo disse che non doveva arrivare al lunedì successivo. Mi disse che dovevamo ucciderlo, sapeva che io lo avrei fatto, avevo già una condanna per omicidio. Mi disse che mi avrebbe dato una mano Nicolino Pinna. Mi avrebbe dovuto aiutare ad appenderlo per simulare l’impiccamento». La lettura delle dichiarazioni del pentito va avanti: «Vandi mi spiegò come dovevo ucciderlo. Dovevo soffocarlo senza lasciare segni e se non fosse andata bene avrei dovuto tagliarli la gola con un taglierino. L’agente Sanna ci ha fatto entrare, Erittu era sdraiato supino sulla branda. Gli misi la busta in testa, rantolava e scalciava, Nicolino gli ha bloccato le gambe e le braccia e poi si è seduto sul suo stomaco. Allora ha vomitato, il suo vomito mi è finito addosso, era schiumoso. Ho tolto il sacchetto solo quando ho visto che non respirava più. Non lo dovevamo spostare dal letto. Poi sono andato via e ho lasciato Pinna dentro la cella perché doveva tagliare la striscia e simulare il suicidio».

L’affidabilità del pentito. «A mio avviso – sostiene il pm – nella confessione c’è stata una coerenza espositiva dilatata nel tempo. Bigella è andato a rievocare un fatto quando era pacifico che si trattasse di un suicidio. Ha fornito indicazioni precise su modalità e movente, svelando dettagli inediti».

La riapertura delle indagini. Ci sono degli elementi, a detta del pm, che vanno a sostegno della tesi omicidiaria e quindi del racconto di Bigella. Porcheddu li elenca: «L’assenza effettiva delle guardie nel braccio promiscui quel giorno, la posizione supina di Erittu dopo l’uccisione incompatibile con l’impiccamento, le tracce organiche sul volto riconducibili al vomito, la colatura delle tracce ematiche compatibile con la posizione supina, accertato un inquinamento probatorio (la cella sarebbe stata manomessa ndc) e accertata anche la volontà di Erittu di parlare con la magistratura. Ancora, i manoscritti e le lettere della vittima che confermano la tesi di Bigella. È inoltre realistico un coinvolgimento di Vandi nella scomparsa di Ruiu e Sechi così come lo è il fatto che Erittu ne fosse a conoscenza. E infine è stata accertata la posizione dominante di Vandi in carcere».

Le intercettazioni. La requisitoria del pm ha poi toccato altri punti importanti come le intercettazioni ambientali che metterebbero a suo dire in luce le contraddizioni di Mario Sanna (addetto quel giorno alla sorveglianza della cella di Marco Erittu) ad esempio sulla posizione del cadavere al momento del ritrovamento. Ma anche le contraddizioni degli agenti Faedda e Soggiu (imputati per favoreggiamento) «perché dopo il delitto – sostiene l’accusa – aiutarono a eludere le investigazioni dell’autorità cambiando la posizione del cadavere che misero ai piedi del letto vicino alla finestra, facendo scomparire un taglierino dalla cella (utilizzato secondo Bigella per realizzare la striscia di coperta) e dichiarando di aver verificato che la striscia stringeva il collo della vittima».

Consulenze e perizie. «A mio avviso il perito Francesco Maria Avato (che si era pronunciato a favore del suicidio) è caduto nel tranello, tutti sono caduti nel tranello dando per sicura e non discutibile la posizione a terra del cadavere. E questo ha inficiato la conclusione cui il perito è pervenuto».

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