La Nuova Sardegna

Sassari

Ambulante pestato, tensione in aula

di Nadia Cossu
Ambulante pestato, tensione in aula

Prima udienza per gli otto imputati di odio razziale e lesioni contro un senegalese e due sassaresi che lo avevano difeso

06 giugno 2014
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SASSARI. Il dolore di un padre e di una madre che hanno perso un figlio va rispettato. E soprattutto compreso. Un figlio che aveva un animo nobile, un giovane per il quale aiutare una persona in difficoltà era prima di tutto un dovere morale.

Per questo il 19 maggio del 2012 questo ragazzo – soldato della Brigata Sassari con alle spalle numerose missioni all’estero – non aveva esitato insieme a un altro amico a difendere un ambulante senegalese che era stato circondato e colpito con delle bottiglie di vetro da un gruppo di ragazzi mentre camminava in piazza d’Italia.

Ieri mattina, nel palazzo di giustizia, si è aperto il processo nei confronti di otto sassaresi considerati i presunti responsabili di quel pestaggio. E proprio nell’aula del tribunale ci sono stati momenti di tensione tra i genitori del militare, che nel frattempo è deceduto per una grave malattia e che si sono costituiti parte civile in questo procedimento, e uno degli imputati – Omar Pintus – che, stando alla versione degli avvocati di parte civile (Claudio Mastandrea, Antonio Secci e Salvatore Dettori), avrebbe scatenato con uno sguardo forse inopportuno in quel momento la reazione di due genitori già affranti da un dolore lancinante. Secondo il legale che difende Pintus, invece, sarebbe stato il padre del soldato a scagliarsi contro l’imputato aggredendolo. «Umanamente comprendo la loro sofferenza e sono molto dispiaciuta – ha detto a proposito l’avvocato Patrizia Marcori – ma il mio cliente nemmeno li conosceva, come poteva guardarli con aria di sfida? Non sapeva chi fossero. È stato spinto con forza dal signore mentre stava uscendo dall’aula e a quel punto si è difeso dicendo che era innocente e che nulla aveva a che fare con tutta questa brutta storia».

Eppure gli imputati sono stati riconosciuti dalle vittime grazie all’acquisizione delle immagini di alcune telecamere. Per questo sono stati rinviati a giudizio e dovranno difendersi dall’accusa di lesioni aggravate dai futili motivi e dalla discriminazione razziale. Gli otto, tutti giovanissimi, sono: Nicola Pazzona, 21 anni (proprio lui la notte stessa del pestaggio aveva pubblicato sul suo profilo facebook una sorta di rivendicazione dell’episodio, titolandolo come “operazione Arancia meccanica”); Daniele Salaris (19), Paolo Dettori (22), Roberto Lella (21), Omar Pintus (21), Manuel Piras (22), Giovanni Fresi (19) e Gabriele Unali (24). Il pubblico ministero Elisa Loris, titolare dell’inchiesta, li aveva indagati in concorso per quella selvaggia aggressione, orgogliosamente rivendicata su Facebook, indicando anche la furia razzista. Dell’ambulante senegalese, che era riuscito a scappare, nel frattempo si sono perse le tracce. I due sassaresi intervenuti in suo soccorso erano finiti all’ospedale con un sopracciglio rotto e un trauma cranico. Ma il militare, purtroppo, è deceduto successivamente a causa di un male incurabile.

Ieri gli avvocati Patrizia Marcori e Pietro Piras (che difende un altro imputato) hanno reiterato davanti al giudice Marras la richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’audizioni di alcuni testi, istanza rigettata come aveva fatto già in precedenza il gup Antonello Spanu. Solo uno degli otto sarà giudicato con rito abbreviato martedì prossimo. Per tutti gli altri, il processo con rito ordinario inizierà il 2 aprile del 2015 con i primi testi del pm.

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