La Nuova Sardegna

Sassari

Abusi edilizi, il caso limite (e spinoso) di Posada

Abusi edilizi, il caso limite (e spinoso) di Posada

Costruiti su lotti comunali, lo Stato intima ai possessori di accatastarle

19 novembre 2014
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Il quesito che sto per esporre riguarda decine di famiglie. Il Comune di Posada negli anni 50/60 concesse a titolo di affitto circa un ettaro di terreno a quasi tutte le famiglie del paese per la coltivazione. Con il passare degli anni, gli stessi terreni sono stati abusivamente edificati con depositi attrezzi o magazzini.

In questi giorni sono arrivate le lettere di diffida da parte dell’Agenzia delle Entrate, che intima ai possessori delle costruzioni di accatastarle, pena una severa sanzione e l’accatastamento d’ufficio con spese a carico degli stessi. Ora ricordo, mi corregga il notaio se sbaglio, che per accatastare un immobile bisogna dimostrare innanzitutto la proprietà del terreno dove sorge.

Il quesito è il seguente: può l’Agenzia delle Entrate imporre l’accatastamento di un fabbricato sapendo che il terreno su cui insiste è di proprietà del Comune? In seconda battuta, può il Comune autorizzare i cittadini ad accatastare l’immobile a proprio nome pur non essendo proprietario del terreno? Qual è il beneficio dei cittadini nel caso il Comune concedesse l’autorizzazione all’accatastamento? Infine, come si concilia la richiesta dell’Agenzia delle Entrate con quanto previsto dal D.L.78/2010, art.1bis,lettera “d”, il quale prevede l’allineamento soggettivo tra l’intestazione catastale e la risultanza dei RR.II.?

Tralasciando il profilo urbanistico, pur rilevante perché i fabbricati del caso sono abusivi, costruiti contro il volere (presunto) del Comune, non commerciabili e da demolire, occorre concentrarsi sul profilo fiscale, perché questi immobili sono rimasti per molti anni sconosciuti al fisco e insensibili all’imposizione tributaria. L’applicazione del principio “quod inaedificatur solo cedit” (ciò che viene costruito sul suolo è considerato di proprietà del proprietario del suolo, anche se costruito da terzi) comporterebbe, nel caso da lei proposto, che i fabbricati debbano essere accatastati ad opera del Comune. Tuttavia, la risposta alle sue domande non deve basarsi tanto sull’applicazione di istituti di diritto civile (come appunto l’accessione), ma bensì su un ragionamento che tenga conto di profili funzionali.

Il Catasto nasce in Italia con funzioni essenzialmente fiscali: consentire la tassazione degli immobili. Rappresenta l’inventario dei beni immobili esistenti sul territorio nazionale, individua univocamente ciascun bene con la sua estensione, consistenza e destinazione d’uso e identifica i titolari di diritti reali su di esso. Va precisato però che l’identificazione dei titolari viene effettuata essenzialmente a fini fiscali: il D.L. numero 78 del 31/5/2010, art.1bis, lettera “d”, da lei correttamente richiamato, pur costituendo un primo passo verso l’integrazione tra l’anagrafe catastale e quella dei Registri Immobiliari, non fa certo acquisire al Catasto quella funzione probatoria presente in altri ordinamenti, ma per ora estranea all’ordinamento Italiano.

Se dunque si tiene conto del profilo funzionale, si comprende perché è interesse collettivo che tutti gli immobili esistenti nel territorio nazionale siano rappresentati in Catasto, anche se, come nel caso da lei proposto, sono addirittura abusivi. E tenendo conto della primaria funzione fiscale, si comprende anche perché al Catasto interessa individuare più il “contribuente” che non il “proprietario”. Naturalmente nella maggior parte dei casi le due figure coincidono, ma ci sono casi limite nei quali pare ragionevole e opportuno tenerle distinte.

La separazione della proprietà dell’edificio dalla proprietà del suolo, peraltro, è possibile in diritto civile. Si attua attraverso la costituzione del diritto di superficie (cioé il diritto di costruire e mantenere un edificio su suolo altrui) oppure con l’alienazione separata dell’edificio previa riserva della proprietà sul suolo. Il diritto che ne deriva sul fabbricato si chiama nel primo caso “proprietà superficiaria”, nel secondo “proprietà separata”.

Nello spinoso caso da lei proposto, il Catasto Fabbricati accatasterebbe le costruzioni intestando le particelle al Comune per la proprietà (sottostante) ed al “Costruttore-detentore” per la proprietà separata (in Catasto la chiamano genericamente “superficiaria”). Così facendo, dal punto di vista strettamente civilistico si attua una forzatura, perché non esiste un titolo costitutivo per la proprietà separata, ma è rispettata la funzione del Catasto, tanto per il profilo cartografico, quanto per quello censorio e fiscale. Il beneficio che ne risulta non è del singolo cittadino, ma collettivo.

Il consiglio che si può dare agli interessati è verificare la possibilità di sanatoria dell’abuso e la disponibilità del Comune a cedere la proprietà separata dei fabbricati o trasformare, limitatamente alle porzioni di terreno interessate, il contratto di affitto in diritto di superficie, creando così un titolo che giustificherebbe anche civilisticamente l’intestazione catastale. In questo caso il beneficio per il singolo cittadino sta nel fatto che acquisirebbe la proprietà della costruzione che diverrebbe anche commerciabile. Il notaio incaricato dell’operazione indicherà con esattezza i passaggi tecnici, i requisiti documentali e le spese necessarie.

Ufficio studi del Consiglio notarile dei distretti riuniti di Sassari, Nuoro e Tempio

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