La Nuova Sardegna

Sassari

Case di cura abusive, in quindici dal gup

di Nadia Cossu
Case di cura abusive, in quindici dal gup

Imputati psichiatri e dipendenti della coop Pitzinnos. La difesa: erano solo alloggi dove dare aiuto per la vita quotidana

04 dicembre 2014
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SASSARI. Quindici richieste di rinvio a giudizio per reati che vanno dall’abuso d’ufficio all’esercizio abusivo della professione, dal falso ideologico e materiale all’abbandono di incapaci, dalla truffa al favoreggiamento. Si è tenuta davanti al giudice Carla Altieri l’udienza preliminare all’esito della quale il gup deciderà se mandare o meno a processo quindici persone tra psichiatri del Centro di salute mentale dell’Asl, infermieri, assistenti sociali, presidente e dipendenti della cooperativa Pitzinnos di Sassari. L’inchiesta era stata aperta nel 2010 dal sostituto procuratore Giovanni Porcheddu per far luce su una vicenda che riguardava due appartamenti trasformati, secondo la magistratura, in strutture sanitarie residenziali per pazienti psichiatrici, non autorizzate e senza le condizioni di sicurezza. Case di cura abusive, per dirla in sintesi. Ma un episodio in particolare aveva convinto il magistrato a indagare: il 20 giugno 2010 un paziente si era lanciato dal secondo piano di uno di quegli appartamenti procurandosi ferite su tutto il corpo.

I due alloggi di via Nizza 29 e via Savoia 55 (sequestrati a luglio del 2011 e subito dopo dissequestrati) erano stati presi in affitto da nove persone reduci da percorsi di cura psichiatrica, messe assieme per avviare un progetto di responsabilizzazione e reciproco aiuto, sotto lo sguardo del personale della cooperativa Pitzinnos e sulla base di un piano concordato con il Centro di salute mentale. Il personale della cooperativa aveva dato vita alle due residenze con il benestare dell’ex responsabile del Centro di salute mentale Asl Antonello Pittalis e dei colleghi psichiatri Fabio Mario Fara, Maria Elena Lentinu e Maria Angela Marras (tutti assistiti dagli avvocati Elias Vacca e Nicola Satta). La magistratura accusa però i medici della Asl di aver indirizzato in quelle case pazienti seguiti dal Centro di salute mentale, «per dare alla cooperativa un vantaggio ingiusto, procurando alla predetta cooperativa il pagamento delle rette mensili». Tre dei quattro medici, sempre secondo il pm, avrebbero sottratto al servizio pubblico mezzi, educatori, infermieri, proprio per inviarli alle residenze di via Nizza e via Savoia. Oltre ai quattro psichiatri sono imputati la presidente della cooperativa Pitzinnos, Silvia Pilia (assistita da Pasqualino Federici), l’assistente sociale del Centro di salute mentale Rina Cadau (difesa da Gianuario Mugoni) e il collaboratore professionale Asl Alessandro Riccio. Nell’inchiesta erano finiti anche i dipendenti della coop: Maria Luisa Quinzio (difesa da Pierluigi Carta), Sabrina Gadau (assistita da Costantino Biello), Giovanna Marongiu (difesa dall’avvocato Vittorio Delogu), Giovanna Angela Pes (con l’avvocato Federici), Vincenza Flores, Annamaria Maniga (difesa da Carta), Maria Annunziata Solinas (tutelata da Salvatorica Cadau Ena e Francesca Vittoria Ena) e ancora Marisa Pani.

Durante l’udienza preliminare si sono sottoposti a esame gli psichiatri Pittalis, Fara e Riccio. L’8 gennaio stessa cosa faranno i colleghi Lentinu e Marras. L’avvocato Elias Vacca ha depositato dei documenti che dimostrerebbero che i due appartamenti erano semplici alloggi presi in affitto dagli inquilini con fondi propri e con l’assenso degli amministratori di sostegno e, per alcuni casi, dei giudici tutelari.

«Case di civile abitazione – ha spiegato Vacca – dove nessuno praticava terapie e dove i dipendenti della coop Pitzinnos (pagata sempre con soldi dei pazienti) andavano per insegnare loro a cucinare ad esempio, per fare la spesa o comunque per prestare un’assistenza nei bisogni quotidiani e non certo per somministrare medicinali».

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