La Nuova Sardegna

Sassari

Porta Santa nel carcere modello

di Gian Mario Sias

L’ha aperta a Natale il vescovo Morfino: «Un appuntamento straordinario»

27 dicembre 2015
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ALGHERO. «La misericordia è per tutti quelli che sanno camminare nella luce del Signore, senza la quale tutti siamo come i pastori di Betlem, peccatori e malfattori, eppure proprio a loro è stata annunciata la nascita di Gesù Cristo». È il messaggio che il vescovo di Alghero e Bosa, Mauro Maria Morfino, ha rivolto ai detenuti del carcere “Giuseppe Tommasiello” di Alghero. Li ha incontrati la mattina di Natale, in occasione della celebrazione della messa, cui hanno preso parte il direttore del carcere, Elisa Milanesi, il sindaco Mario Bruno, i vertici cittadini delle istituzioni militari, gli operatori e i volontari.

È stato un appuntamento tradizionale eppure straordinario. «Unico», come l’ha definito lo stesso monsignor Morfino. La celebrazione eucaristica è stata infatti anticipata da un evento eccezionale: l’ingresso della cappella della casa di reclusione “Tommasiello” è stata la quarta Porta Santa giubilare aperta dal vescovo della diocesi di Alghero e Bosa dall’inizio dell’Anno Santo proclamato da Papa Francesco. Dopo la cattedrale di Alghero, la concattedrale di Bosa e il santuario di San Costantino a Sedilo, la scelta è ricaduta sulla casa di reclusione.

Nel carcere di Alghero, in via Vittorio Emanuele, da quasi tre anni è in atto una rivoluzione che ne fa un modello sperimentale a livello nazionale. Un dato sopra tutti aiuta a spiegare il clima che si respira tra le mura della casa di reclusione algherese: quest’anno altri sette detenuti si sono iscritti all’Università. Un piccolo boom, un record che conferma al di là di ogni aspettativa la bontà del lavoro fatto in questi anni, che hanno permesso di festeggiare già qualche laurea e in alcuni casi l’inizio di una nuova attività lavorativa per cui sono richieste competenze specialistiche. Nel carcere modello si entra per scelta, si fa domanda, si viene selezionati in base a dei criteri prefissati e si scopre la libertà. Ma soprattutto si gusta il sapore inconfondibile della libertà di imparare, di cambiare, di essere altro rispetto agli errori del passato e si lavora per meritare una seconda possibilità.

Niente di più pertinente con l’apertura della Porta Santa, atto di perdono attraverso cui, ha detto ancora Morfino, «su cento pecore, ogni pastore è chiamato a occuparsi prima di tutto di quell’unica che ha smarrito la via».

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