Vendette in caserma, un anonimo avvertì degli "abusi di potere"
Il sindaco di Pozzomaggiore, epicentro del terremoto che ha trovoto sette milirari e il nucleo rediomobile della compagnia di Bonorva, ricevette una lettera a febbraio
SASSARI. A Pozzomaggiore, epicentro del terremoto che nei giorni scorsi ha travolto sette carabinieri e il nucleo radiomobile della compagnia di Bonorva, la notizia del presunto piano di vendette private architettato in caserma ai danni soprattutto di un luogotenente non è arrivata proprio come un fulmine a ciel sereno. Non in municipio, dove il sindaco e la sua giunta hanno capito il senso di una lettera anonima. Qualcuno, molto prima che nei giorni scorsi arrivassero gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari, aveva pensato di avvertire la comunità del «malessere generale» provocato in paese da personaggi che intendevano «abusare del loro potere». Il misterioso informatore si era attivato a febbraio, con una lettera senza mittente fatta recapitare all’amministrazione comunale. Quando ha aperto la busta, il sindaco Mariano Soro si è stupito, perché lui e i suoi consiglieri non si erano resi conto di un «malessere diffuso». Il primo cittadino non poteva sapere che l’antefatto e il movente degli «abusi» paventati, o annunciati, in quelle pagine senza firma era da più di un anno oggetto di una inchiesta che era arrivata a una svolta giudiziaria. Due carabinieri, tre mesi prima, erano stati chiamati davanti a un gip per rispondere alle domande su un movimentato mancato arresto.
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Il maresciallo Luca Porceddu, comandante del nucleo radiomobile, e l’appuntato Fabio Antioco Casula si erano avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del magistrato sulle circostanze di un arresto. L’arresto non era stato eseguito e si era concluso con un pugno «sferrato inavvertitamente – avevano affermato i due militari in una relazione di servizio – mentre il soggetto si divincolava». Un incidente, insomma. In quella circostanza i due militari avevano scoperto, attraverso gli atti depositati dal pm Giovanni Porcheddu, che la loro versione dei fatti era stata smentita da un collega. Un luogotenente che aveva assistito ai fatti e che la mattina dopo aveva raccontato in una relazione un’altra storia sulle modalità con cui i due militari avevano cercato di far salire a bordo dell’auto di servizio un uomo di Pozzomaggiore. Tutto davanti a un gruppo di persone che gridavano «vergogna, vergogna» perché quell’uomo non aveva fatto niente.
Dal giorno della lettura degli atti in poi, intercettati dai loro stessi colleghi del comando provinciale, secondo le accuse i sette militari si sarebbero accordati per un piano di ritorsioni. Il primo obiettivo da colpire, raccontano gli atti raccolti dalla Procura, era proprio il luogotenente. Quindi, quando a febbraio la lettera anonima è stata spedita, il progetto vendicativo era ancora in corso e qualcuno si è preoccupato al punto da mettere sull’avviso il primo cittadino.
«Quando è arrivata quella lettera – dice il sindaco – io e la mia amministrazione abbiamo fatto l’unica cosa possibile: abbiamo portato quella lettera in Procura». Oltre alle scarne informazioni sulla inchiesta in corso, quelle che potevano essere fornite, il sindaco ha ricevuto la consegna del silenzio. Silenzio che il sindaco ha rispettato fino a ieri e che rompe malvolentieri dopo il terremoto degli avvisi di garanzia, per le presunte vendette progettate dai carabinieri e da cinque loro colleghi ai danni di chi raccontò una versione dei fatti che li metteva nei guai.
Soro non vuole esprimere giudizi ma annuncia che, se mai ci sarà un processo, «il Comune non si costituirà di certo parte civile – annuncia – perché non è parte lesa». Per quanto riguarda il rapporto con l’Arma, il primo cittadino, preferisce parlare «dell’ottimo rapporto che la popolazione locale ha sempre avuto con i militari della stazione di Pozzomaggiore».
Sull’inchiesta, invece, Mariano Soro preferisce non fare commenti e aspettare la conclusione.
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