La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, condominio moroso di nuovo a secco

di Luigi Soriga
Sassari, condominio moroso di nuovo a secco

Bollette non pagate per 160mila euro e ultimatum di Abbanoa: 10mila euro entro un mese o chiudiamo l’acqua

04 ottobre 2016
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SASSARI. Se le autobotti della Protezione Civile non avessero trasfuso nelle cisterne 17mila litri d’acqua, dai rubinetti del mega condominio di via Pozzomaggiore da tre giorni non sgorgherebbe una goccia. Abbanoa ha fatto scadere l’ultimatum e dagli avvertimenti è passata alle vie di fatto. Ha chiuso il contatore e ha lasciato a secco i morosi. Il risultato è che 58 famiglie, 163 inquilini, 20 disabili, 10 anziani con più di 65 anni e 30 bambini con meno di dieci, senza l’intervento del Comune si ritroverebbero all’asciutto.

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Il braccio di ferro tra Abbanoa e gli abitanti delle case popolari accanto alla pineta di Baddimanna, nel quartiere del Monte Rosello Alto, è ricominciato. In ballo c’è un debito di 160mila euro di consumi mai pagati che si è accumulato dal 2007 ad oggi. Ma soprattutto c’è la ben poca volontà (e anche possibilità) di saldare una cifra così importante. I solleciti del gestore sono stati numerosi, ma anche la situazione delle palazzine è molto ingarbugliata. Innanzitutto sino a qualche settimana fa non esisteva un amministratore condominiale, e vigeva una sorta di gestione fai da te. Quindi era difficile per Abbanoa avere un interlocutore. Poi, nell’arco di 10 anni sono tanti i residenti che hanno traslocato e hanno fatto perdere le tracce, lasciando dietro di sè solo una scia di debiti. E anche tra gli attuali inquilini, come accade in tutti i condomini del mondo, c’è chi mette la mano al portafoglio e chi invece si rifiuta di tirare fuori un euro. Abbanoa non può agire chirurgicamente, perché può solo chiudere la leva del contatore master che lascia democraticamente a secco tutti.

Al momento solo un amministratore di condominio potrebbe fare la distinzione tra abitante virtuoso e abitante moroso, e chiudere il rubinetto giusto. Ma questa strada non è ancora percorribile. Ecco perché la mannaia si è abbattuta su tutti, e chi ha pagato ora si ritrova nelle stesse condizioni del suo vicino insolvente. E pensare che ad agosto lo slaccio idrico era stato evitato per un pelo: un bonifico di 4000 mila euro, a fronte di un debito di 160mila, era una briciola. Ma Abbanoa l’aveva considerato come il primo impegno verso il complessivo piano di rientro. In verità a questa mano tesa si era arrivati dopo una lunga intermediazione da parte dell’assessore alle Politiche abitative Ottavio Sanna.

Infatti il primo ultimatum dato da Abbanoa prevedeva una settimana di tempo per versare un anticipo di 40mila euro. Quella cifra improponibile per nuclei familiari che spesso fanno fatica ad arrivare a fine mese, poi è stata ridimensionata a 30mila, e infine a 20mila. La colletta ad agosto si era fermata ad appena 4mila euro, una somma ritenuta per niente congrua, ma accettata come simbolica di una volontà di mettersi finalmente in regola. Ma sono scattati gli altri 30 giorni per recuperare altri 10mila euro: termine ultimo di consegna il 10 settembre. Invece a quella data gli inquilini sono riusciti a racimolare solo 6mila 500 euro, e Abbanoa questa volta ha deciso di non concedere ulteriori sconti. Quindi finché non verranno saldati i restanti 3mila 500 euro che mancano all’appello, il contatore centrale resterà chiuso.

Nei mesi precedenti il sindaco Nicola Sanna era intervenuto in soccorso delle famiglie con una ordinanza che imponeva ad Abbanoa il ripristino del servizio. Ma nelle sue sentenze il Tar ha dato ragione al gestore idrico e alle sue azioni di recupero crediti. «Io continuo a non condividere questa bulimia da parte di Abbanoa – dice il sindaco Nicola Sanna – anche perché ciascuno deve riconoscere la propria parte di responsabilità. I sistemi di bollettazione devono cambiare, non si può andare avanti con conteggi fatti sulla base di un unico contatore condominiale. E poi capisco le misure estreme come chiudere l’acqua, ma è una situazione che può andare avanti due giorni o al massimo tre. Al quarto, se ci sono di mezzo anziani o disabili, non è più tollerabile».

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