La Nuova Sardegna

Sassari

A volte nel condominio si nasconde una servitù

Dove si annidano le limitazioni all’utilizzo delle singole unità immobiliari

07 dicembre 2016
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Può il regolamento condominiale imporre come utilizzare alcune aree “cantine” di proprietà esclusiva? Ho comprato un attico con un locale nel sottopiano. Nel condominio avevo intenzione di adibire il sottopiano piuttosto grande a camere per studenti. L’amministratore a cui ho comunicato l’inizio dei lavori di ristrutturazione mi ha detto che il regolamento esclude che quei locali possano essere utilizzati per un uso diverso rispetto a “rimessa e deposito”.

Le limitazioni alla destinazione di un’unità immobiliare all’interno del condominio possono essere individuate nel regolamento contrattuale adottato originariamente in sede di acquisto dell’immobile dal costruttore oppure mediante delibera assembleare votata all’unanimità. Il dibattito intorno alle limitazioni del diritto di proprietà derivanti dal regolamento condominiale è stato oggetto di divisione anche in giurisprudenza che oscilla tra due diverse tesi: la limitazione come servitù oppure come vincolo obbligatorio. È da segnalare che recentemente la Cassazione ha variato il proprio orientamento a distanza di appena venti giorni. (Sic) Nel caso rappresentato non si dà conto della natura del regolamento condominiale, rendendo necessario esaminare tutte le ipotesi. Nel caso di regolamento di natura assembleare, ex art. 1138 cod. civ., l’imposizione di vincoli alla destinazione delle unità immobiliare può essere disposta solo all’unanimità e risulta vincolante verso gli acquirenti soltanto se debitamente trascritta. Più pregnanti, invece, appaiono i vincoli derivanti dal regolamento contrattuale originario cui la Cassazione riconosce natura di servitù atipiche, ovvero pesi gravanti sulle singole unità immobiliari che limitano la destinazione economica. Per rispondere correttamente al quesito proposto occorre dunque verificare che l’atto di acquisto della proprietà contenga questa limitazione e sia trascritta nei registri immobiliari. Va anche segnalato che la giurisprudenza non ritiene sufficiente il generico richiamo al regolamento nell’atto di vendita, dovendo essere indicata la clausola limitativa dell’uso del bene. Sarebbe auspicabile sul punto l’intervento “chiarificatore” della Suprema Corte a Sezioni Unite per comporre questo contrasto giurisprudenziale e dare anche un minimo di certezza anche all’“esperto che risponde”.

Avvocato Giuseppe Bassu

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