«Niente baby gang, solo stupidi bulletti»
Un gruppo di dieci ragazzini prende di mira alcuni anziani: ma la situazione è tesissima e rischia di degenerare
NVIATO A ITTIRI. Se parli di baby gang, gli Ittiresi storcono il naso: «Ma chi? Quei quattro deficienti? Presi uno per uno non valgono nemmeno lo schiaffo». Però anche i figli di papà, raggrumati nel branco, sono capaci di fare male. Perché indirizzano le loro zannette aguzze sugli animali più deboli e indifesi, quelli feriti dal disagio sociale o psicologico. Questo sta accadendo a Ittiri. E ha un brutto nome: si chiama bullismo.
A praticarlo con incosciente disivoltura sono una decina di ragazzini, età dai 15 ai 18 anni. «Li vedo ogni sera davanti a casa mia – dice una signora – stanno in via Monserrato ciondolando tra la chiesa e s’abbadorzu, e il loro passatempo preferito è rompere le scatole a un anziano che abita lì vicino».
Dice la sua dirimpettaia: «È una persona un po’ particolare. E quei ragazzi ormai l’hanno preso di mira». Le porte e le finestre della sua abitazione sono piuttosto malconce, e loro infieriscono. «Prendono a calci il portoncino, oppure tirano pietre agli infissi. E lui va di matto. Si è armato a sua volta di pietre e le lancia dal primo piano. O ancora scende di corsa per strada e insegue i ragazzi». E così facendo si presta al loro gioco. Solo che a un certo punto si tira talmente la corda, si trascende nell’esasperazione, che lo scherzo si trasforma in ben altro.
Chiara (non è il suo vero nome) è una ragazzina di 16 anni e una ventina di giorni fa passeggiava con l’amica in via Monserrato. «Ho visto il gruppetto scappare, e poco dopo l’anziano venirci in contro». Lui infila la mano nel giubbotto e da una tasca tira fuori una “pattadese”. «Me l’ha puntata al collo, la lama era lunga. Io ho avuto paura, sono rimasta immobile, non ho detto una parola. Mentre lui continuava a ripetere: ora mi ripagate i vetri delle finestre, o è peggio per voi». Poi visto che la ragazzina era impietrita, rivolge il coltello verso l’amica. Lei scoppia a piangere terrorizzata. «Gli abbiamo spiegato che noi non c’entriamo nulla, che non frequentiamo quel gruppo e che eravamo lì per caso. E allora se n’è andato via». È un povero cristo, dicono in paese, che vuol essere solo lasciato tranquillo. E che a un certo punto da preda ha deciso di mostrare i denti. E lo ha fatto secondo i suoi codici di comunicazione, non potendo contare su fondamenti di pedagogia. Il luccicchio di una lama appuntita. Un segnale deciso per dire: se non la smettete qualcuno si fa male.
Il problema vero è che quei ragazzini a loro volta non hanno strumenti di psicologia per valutare le conseguenze del loro bullismo. Bassa scolarizzazione, qualcuno con disagio familiare, buona parte delle giornate a mollo nella noia. E qui si innesca la bomba a orologeria da disattivare al più presto. Il consigliere comunale Antonio Dore ha segnalato l’episodio in Consiglio comunale. «Volevo capire se il paese fosse a conoscenza di queste tensioni, e oggi, parlando con molte persone, mi sono reso conto che questi piccoli atti di teppismo non sono passati inosservati. C’è un altro anziano, una bravissima persona, che viene continuamente preso in giro. Un uomo mite, che mai risponderebbe con la violenza alle provocazioni, e che è esasperato perché non sa come difendersi. Beninteso: non parliamo di chissà quali soprusi. Le angherie si riducono a calci ai portoni, a pietre lanciate verso le finestre, a campanelli suonati, a risate di scherno o a soprannomi affibbiati. E gli autori sono ragazzini capaci di prendersela con i soggetti più deboli e indifesi. Ragazzini che fuori dalla protezione del branco, non si sognano di essere così spavaldi. Ma che tutti insieme creano un clima pesante e fastidioso».