La Nuova Sardegna

Sassari

Bruciò viva la moglie, condanna a 30 anni

di Nadia Cossu
Bruciò viva la moglie, condanna a 30 anni

Il gup ha inflitto il massimo della pena a Nicola Amadu, 71 anni. Anna Doppiu da tempo subiva violenze dal marito

22 novembre 2017
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SASSARI. In aula non c’è. Ha scelto di non esserci, Nicola Amadu. «Non se la sentiva di ripercorrere con la mente i momenti di quel terribile giorno» spiega il suo avvocato Letizia Doppiu Anfossi. Non c’è quando il giudice Michele Contini legge la sentenza che lo condanna a trent’anni di carcere per aver prima picchiato fino a farla svenire e poi bruciato sua moglie Anna Doppiu, di 66 anni. In aula ci sono però i quattro figli, tre femmine e un maschio. Sono composti: non gioiscono e non piangono.

La condanna. Trent’anni come quelli chiesti dal pubblico ministero Paolo Piras al termine della requisitoria nel processo che si è celebrato ieri mattina con rito abbreviato. Una condanna, quindi, che è l’equivalente dell’ergastolo considerato che il rito abbreviato prevede uno sconto di pena. Nicola Amadu oggi ha 71 anni, finirà di scontare la pena a 101 anni.

L’omicidio. Prima che il suo compagno di una vita, quella sera del 9 novembre 2016, la uccidesse cospargendola di benzina e dandole fuoco, le giornate di Anna erano contraddistinte dal terrore. Nicola Amadu, ex panettiere, aveva confessato agli inquirenti di aver ammazzato sua moglie perché non poteva accettare che lei lo lasciasse. Lei aveva deciso di fare quel passo esasperata da anni di vessazioni e maltrattamenti. Nella richiesta di giudizio immediato, il pm aveva ripercorso la dinamica dell’omicidio: «L’ha prima colpita con uno schiaffo facendola cadere a terra, e con numerosi calci al volto l’ha trascinata sino al cortile della loro abitazione per poi cospargerla di liquido infiammabile e darle fuoco provocandone la morte per “shock tossico-termico da ustione con carbonizzazione parziale”».

Le aggravanti. L’aver ucciso «il coniuge vittima di maltrattamenti in famiglia», «con premeditazione», «con l’uso di un mezzo insidioso», e «aver agito con crudeltà» erano le aggravanti contestate ad Amadu e portate in aula dal pm Piras. L’omicidio è stato il culmine di una vita coniugale difficile da tempo, per Anna. Un rapporto fatto di angoscia, di paura, di un desiderio soffocato di libertà.

Insulti e minacce. Il marito «sottoponeva la moglie ad atti di vessazione, minaccia, umiliazione, violenza fisica e morale, tali da rendere dolorosa e mortificante la relazione familiare». Numerosi litigi che spesso nascevano per motivi banali e che purtroppo, altrettanto spesso, diventavano una buona occasione – per l’uomo – per infierire contro la moglie. «Urlava contro di lei – ha sostenuto l’accusa – insultandola e svilendola con frasi volte a invitarla a “buttarsi dal ponte”».

Le violenze fisiche. Ma le aggressioni non erano solo verbali: «In numerose circostanze degeneravano in vere e proprie violenze fisiche, con schiaffi, spinte, lancio di oggetti, chiusura delle mani della vittima nel portone di casa...». E infine, quando lei decise di procedere con la separazione la situazione precipitò. Tanto che un giorno Amadu mise una bombola di gas vicino all’abitazione con la minaccia di far esplodere la casa con dentro moglie e figlie.

La sentenza. Tanto è bastato perché il giudice accogliesse in toto la richiesta del pubblico ministero: 30 anni. Con interdizione perpetua dai pubblici uffici e perdita della potestà genitoriale.

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