La Nuova Sardegna

Sassari

Chilivani, corse e cavalli ma poche scommesse

di Barbara Mastino
Chilivani, corse e cavalli ma poche scommesse

La mole insufficiente di giocate condanna un ippodromo storico e di qualità Il sindaco Murgia: «Basterebbe solo un piccolo sforzo per soddisfare i parametri»

09 febbraio 2018
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OZIERI. Un comparto che coinvolge allevatori e artieri, veterinari e artigiani, fantini, commercianti e varie altre professioni: è questa l’ippica sarda, un settore che non sopporta di vedere chiudere i tre ippodromi isolani per un parametro che qui è proprio l’ultimo dei pensieri: il volume di giocate.

In Sardegna, e a Ozieri in particolare, il mondo delle corse è la principale fonte della selezione delle razze che dal 1874, anno di fondazione del Regio Deposito Stalloni, viene effettuata a Ozieri, con intrecci in tutta l’isola, attraverso l’allevamento e la scelta degli incroci tra stalloni e giumente, selezionati principalmente, appunto, attraverso i loro risultati sportivi. Eppure anche il Don Deodato Meloni di Chilivani, primo e principale ippodromo sardo, è stato dichiarato “decaduto” dal Mipaaf perché il volume delle giocate al totalizzatore è inferiore alla media nazionale di più del 20%. È l’unico neo di una struttura che rispetta invece tutti gli altri criteri che lo terrebbero nel novero degli ippodromi promozionali, poiché qui si corrono gare importantissime e storiche come il Derby Sardo (91esima edizione), il Gran Premio Sardo (60esima) e quello Regione Sardegna nonché trofei internazionali; poiché sempre qui si ritrova a ogni riunione di corse un pubblico di gran lunga superiore a quello di ippodromi invece considerati promozionali o persino commerciali; infine, ma ancor più importante, perché Chilivani è il primo ippodromo italiano per numero di cavalli partenti a ogni gara ed è secondo solo a Pisa per cavalli partenti per giornata. «Solo il volume delle giocate, che qui è impensabile da raggiungere - dice il sindaco di Ozieri Marco Murgia - ci differenzia dagli altri ippodromi promozionali, e ci basterebbe solo un piccolo sforzo per soddisfare i parametri degli ippodromi commerciali. Nonostante la crisi l’ippodromo è rimasto in piedi, grazie alle politiche di risparmio e al fondamentale aiuto della Regione». Regione che da tre anni sostiene i montepremi dei tre ippodromi sardi con un 1,3 milioni di euro e che proprio grazie a questo contributo fa sì che tali montepremi si attestino, a Chilivani, intorno al mezzo milione di euro l’anno. Certo molto lontano dal milione, milione e mezzo, che si aveva sei-sette anni fa: un calo, unito al fatto che detti premi vengono versati sempre con notevoli ritardi, che certo non incentiva gli allevatori, molti dei quali vanno avanti per pura passione e per tradizione familiare, magari sottraendo risorse agli altri settori delle loro aziende agricole. Davanti a questo scenario, dove è il volume di gioco a decidere il destino di un intero composito comparto, suonano vane anche quelle politiche di risparmio delle quali parla in sindaco Marco Murgia. L’ippodromo di Chilivani ha un bilancio societario di circa 500mila euro all’anno, e le spese non sono certo quelle per i “capoccioni”: da un Cda di tre componenti a cui venivano corrisposti solo rimborsi spese (poche centinaia di euro per la benzina) si è passati lo scorso anno a un amministratore unico. Lo si è fatto per effetto del decreto Madia, che impone alle partecipate un Cda costituito da un numero di componenti inferiore a quello degli impiegati della società. Impiegati che corrispondono a un segretario, al quale si aggiunge un collaboratore esterno. Gli introiti sono quelli della biglietteria (l’ingresso costa 5 euro), che registra una media di spettatori di 1500 paganti per ogni giornata (che diventano almeno 3000 nelle giornate clou come quella del Derby Sardo di settembre) e quelli dell’uso dei box, che nella struttura sono circa 200, impiegati a pieno regime nei periodi di corse e usati nella misura di 80-90 negli altri periodi.

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