La Nuova Sardegna

Sassari

«Giuro, non sono un picchiatore razzista»

Aggressione a un senegalese e a due sassaresi, uno degli otto imputati si difende al processo

23 febbraio 2018
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SASSARI. «Sì, ero in piazza d’Italia con la mia fidanzata quella sera. C’era molta gente, ricordo di aver visto dei ragazzi che urlavano e lanciavano delle bottiglie. Ma io con quella aggressione non c’entro nulla, non ho fatto niente. Non siamo rimasti lì, io e la mia ragazza dovevamo andare in discoteca in via Milano e infatti abbiamo preso un taxi e siamo andati via». Sono le parole di Omar Pintus che ieri si è sottoposto a esame nel processo che lo vede imputato insieme ad altri sette sassaresi per un pestaggio avvenuto in piazza d’Italia il 19 maggio del 2012.

Quella sera ad avere la peggio erano stati due ragazzi intervenuti per difendere un ambulante senegalese preso di mira da un gruppo di giovani esagitati e armati di bottiglie. Davide Deffenu era finito in prognosi riservata e il suo amico Alessandro Milia, soldato della Brigata Sassari (che nel frattempo è deceduto a causa di una malattia), era rimasto ferito nel tentativo di aiutare l’ambulante.

Per questi fatti – che all’epoca destarono sdegno in città nei confronti degli aggressori e al tempo stesso ammirazione per il coraggio e l’altruismo mostrati da Deffenu e Milia – otto sassaresi sono finiti in tribunale perché ritenuti responsabili del pestaggio: erano stati riconosciuti dalle vittime attraverso alcune fotografie.

Erano stati rinviati a giudizio per lesioni aggravate dai futili motivi e dalla discriminazione razziale Nicola Pazzona, 26 anni (proprio lui la notte stessa del pestaggio aveva pubblicato sul suo profilo facebook una sorta di rivendicazione dell’episodio, titolandolo come “operazione Arancia meccanica”); Paolo Dettori (28), Roberto Lella (27), Omar Pintus (27), Manuel Piras (28), Giovanni Fresi (25) e Gabriele Unali (30). Uno di loro, Daniele Salaris, 25 anni, aveva scelto di affrontare il processo con il rito abbreviato ed era stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione. Dell’ambulante senegalese, che era riuscito a scappare, nel frattempo si sono perse le tracce.

Ieri Pintus era in aula insieme al suo avvocato difensore Patrizia Marcori e ha risposto a una serie di domande: «In quei giorni ero reduce da un incidente stradale – ha spiegato il giovane – avevo il busto. Sono andato via subito da piazza d’Italia, non c’entro nulla con quello che è successo». A lui gli investigatori erano risaliti perché era amico su facebook di Pazzona (colui che parlò di “Arancia meccanica”) e fu indicato da una delle due vittime – che avevano visto la sua foto – come uno dei giovani che erano presenti quella sera in piazza d’Italia. (na.co.)

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