La Nuova Sardegna

Sassari

Le case delle Vincenziane non riaprono le porte

di Giovanni Bua
Le case delle Vincenziane non riaprono le porte

Le due strutture di accoglienza non ricevono fondi dallo scorso dicembre Ad agosto la serrata temporanea che ora rischia di diventare definitiva

17 settembre 2018
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SASSARI. Il centro di accoglienza notturno San Vincenzo, in via Maddalena e la Casa Elena a Sant’Agostino non hanno riaperto le porte. E la chiusura temporanea, decisa dalle Vincenziane lo scorso 1 agosto, rischia di diventare definitiva. Le volontarie infatti non sono più in grado di farsi carico delle spese correnti per tenere operative le due strutture, che offrono alloggio alle donne in difficoltà, spesso accompagnate dai figli, e assistenza diurna a chiunque abbia bisogno. E dallo scorso mese di dicembre non ricevono nemmeno un euro di aiuti.

Un problema noto, che le volontarie, che si fanno carico di una mole impressionante di lavoro, oltre che di reperire risorse alimentati, capi di vestiario, e materiale di studio e lavoro di ogni tipo per i loro ospiti, hanno più volte segnalato. Fino alla chiusura dolorosa quanto annunciata di agosto, con i lucchetti ai cancelli e le donne a protestare in strada.

A settembre i nuovi incontri con l’amministrazione, le rassicurazioni del sindaco, l’amara constatazione che nella casse del Comune le risorse per aiutare le volontarie non ci sono. Si tratta di fondi regionali, bloccati a Cagliari dentro un finanziamento da 403mila arrivato dalle risorse nazionali del Fondo povertà per il 2018. Soldi che la Regione ha deliberato di destinare a Sassari, Cagliari e Olbia, senza però procedere alla ripartizione, e quindi di fatto alla distribuzione delle risorse.

Solo attingendo da quei fondi il Comune, che per riallineare il bilancio ha dovuto calare la mannaia su cultura e assunzioni, spese e assistenza e da fine giugno sollecita gli uffici regionali, potrebbe erogare aiuti alle dame di carità cittadine.

Pochi spiccioli, nel mare magnum dei milioni spesi per i servizi sociali, poco più di 20mila euro all’anno. Che però consentono alle volontarie di fare fronte alle spese correnti, alle bollette, ai compensi da pagare a chi pulisce le case, e ai custodi.

Soldi spesi bene, visto che le donne assistite, e i loro figli, senza le Vincenziane spesso hanno come unica alternativa di tornare in contesti familiari complessi fa cui sono scappate, o di andare a caccia di un’assistenza “spezzettata” che per le casse pubbliche finisce spesso per essere molto più onerosa e molto meno efficace. E gli ospiti del centro diurno, invece che studiare, imparare un lavoro, riposarsi, sono semplicemente costretti a stare buttati per la strada.

Soldi che però non sono saltati fuori, con le volontarie che hanno bussato davvero a tutte le porte, rimaste però chiuse come quelle delle loro case, dentro cui tante donne hanno trovato pace, tanti bimbi hanno studiato, tante persone hanno mosso i primi passi verso un futuro migliore. Un futuro ora chiuso da un lucchetto, che bisogna trovare il modo di riaprire.

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