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Sassari

Imprenditore costretto a svendere l'azienda, ora la banca è sotto inchiesta per tassi usurai

di Barbara Mastino
Imprenditore costretto a svendere l'azienda, ora la banca è sotto inchiesta per tassi usurai

La rivincita di Gianfranco Camboni di Ardara: «Resta la rabbia per la mia azienda svenduta all’asta»

01 novembre 2018
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ARDARA. «Dopo avere perso tutto ci siamo arrangiati ma resta la rabbia di sapere che la tua azienda è stata svenduta per una rata non pagata di 25 milioni di lire». Gianfranco Camboni è un uomo che non si arrende, un sopravvissuto alla crisi più nera che possa colpire un imprenditore: la messa all’asta dei suoi beni. Dopo tre anni da quel trauma, oggi Camboni è passato dalla parte del debitore a quella della “persona offesa da reato”. Mentre i vertici della banca che “aggredì” i suoi beni potrebbero finire a processo per avere gonfiato i tassi d’interesse.

Partita dalla messa all’asta dell’azienda agricola Camboni-Soddu di Ardara, è arrivata a bussare alle porte dei vertici del Monte dei Paschi di Siena la contestazione di tassi usurari che sarebbero stati applicati dalla banca al mutuo chiesto dalla famiglia sarda per mettersi al riparo dai danni di alcune annate disastrose. Irregolarità pesanti, individuate nei tassi di mora calcolati nel 2008 su un mutuo chiesto nel 2000. Mutuo, che stando alle analisi compiute dagli esperti, sarebbe stato gonfiato di circa dieci punti percentuali trasformando così l’iniziale prestito di 600 milioni di lire in una somma impossibile da pagare.

Gianfranco Camboni e la moglie Giovanna Maria Soddu videro quindi la loro azienda messa all’asta e nel giro di pochi anni venduta a una cifra a dir poco irrisoria: meno di 160 mila euro a fronte di un valore stimato di 850 mila. Tra il 2014 e il 2015, quando più volte l’ufficiale giudiziario si recò dalla famiglia Camboni per prendere possesso della loro azienda, fu vera e propria battaglia: il movimento Bardania Natzionale, il Movimento Pastori, le associazioni di categoria, le parti politiche, persino l’Anci con il Comune di Ardara, si schierarono dalla parte dell’allevatore. Stesso copione a Ozieri a presidio dell’azienda dell’allevatore Franco Mesina, che riuscì però a recuperare la sua azienda grazie ad alcune irregolarità procedurali nell’asta che furono individuate dal suo legale. Gianfranco e Giovanna Maria Soddu, che con Mesina fecero fronte comune, persero però la loro azienda: 65 ettari con fabbricati rurali e celle frigo per il latte ma soprattutto con la loro casa di residenza.

Ora i coniugi vivono ad Ardara e hanno a disposizione tre ettari e mezzo di terra, un trattore con cui Gianfranco esegue alcuni lavori per conto terzi, hanno venduto - anzi «svenduto» puntualizza l’allevatore - le dodici vacche e le 260 pecore e vanno avanti così, con una figlia e un nipotino a carico, un’altra figlia che è dovuta emigrare a Londra, la terza, sposata, sempre vicina a loro. «Ci siamo arrangiati - dice Gianfranco Camboni, perché per fortuna siamo riusciti a recuperare quei tre ettari e mezzo di terreno che avevamo acquistato da mio suocero e avevamo messo a garanzia del mutuo. La nostra bella azienda è in mano ad altre persone, e fa rabbia sapere che tutto è nato da una rata non pagata di 25 milioni di lire. Ora speriamo che il giudice ci dia ragione e che ci rimborsi il valore della nostra azienda, che però purtroppo non riavremo mai».

La speranza è nata dalla recente decisione del gip Giancosimo Mura di ordinare alla Procura la formulazione del capo di accusa nei confronti di dieci membri del consiglio di amministrazione della banca Monte dei Paschi di Siena: Liliana Bracciali, Fausto Maria Carignani, Giuseppe Catturi, Marco Comporti, Giuseppe Gugliotti, Riccardo Margheriti, Franco Nerucci, Aviano Savelli, Alessandro Vercelli. A loro si chiede di dare conto dei tassi gonfiati, le cui anomalie sono state individuate dallo studio bresciano Sdl Centro Studi. Una prima ipotesi di reato a loro carico era stata inizialmente individuata dal pm Cristina Carunchio, che dopo la chiusura delle indagini aveva però chiesto l’archiviazione. Il gip però ha pensato del tutto diversamente proprio come i Camboni, che assistiti dall’avvocato Vittorio Marroccu si erano opposti all’archiviazione e che adesso si sono costituiti parte civile.

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