La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, la protesta dei dipendenti Secur: sciopero della fame e tende in piazza d’Italia

di Luigi Soriga
Sassari, la protesta dei dipendenti Secur: sciopero della fame e tende in piazza d’Italia

Protesta estrema dei 50 dipendenti esclusi dall’appalto per la vigilanza Aou e Ats. Tra loro anche una mamma 85enne: «Qui fa freddo e non sarà un bel Natale»

19 dicembre 2018
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SASSARI. I lavoratori della Secur alzano l’asticella. Se il 5 dicembre sulla scalinata della Prefettura in piazza d’Italia avevano appeso gli striscioni, da due giorni la protesta si è fatta di carne, ossa, gelo e fame. Hanno piazzato cinque tende e deciso di trascorrere le notti all’addiaccio e di non toccare cibo. Si sentono discriminati e abbandonati, e questo sit-in permanente ed estremo è l’unica arma che gli resta per far sentire la propria disperazione.

A trascorrere la prima notte con loro, oltre a diversi cittadini e attivisti dei social, anche Gianluca Pirinu, il giostraio che si era incatenato a un lampione di piazza d’Italia. Ha dato ai dipendenti Secur il braciere che scaldava le sue notti, e che gli ha portato fortuna. «Non fate mai spegnere la fiamma», gli ha raccomandato. Ma il fuoco è durato giusto un paio di ore. «Speriamo non sia un brutto segno», scherzano i lavoratori.

Lo sciopero della fame è cominciato così: Antonio Balloi non ha più molto da perdere: niente lavoro, niente stipendio da settembre, famiglia monoreddito, una moglie e due figlie a carico. In pratica nemmeno i soldi per mangiare: «Tanto vale che faccia lo sciopero della fame in piazza». Stefano Maiore, 49 anni, da otto vigilante per Aou e Ats ha deciso di seguirlo. E così, a turno, tutti gli altri.

«Ieri – racconta Stefano – abbiamo sentito Ganau e Pigliaru in occasione dell’incontro sulla rete metropolitana. Sono stati quantomai evasivi. Eppure avrebbero voce in capitolo, visto che l’appalto dal quale ci ritroviamo fuori gioco è della pubblica amministrazione ed è regionale. I 50 esclusi della Secur si sentono discriminati: «L’appalto prevedeva 2000 assunzioni. Possibile che gli unici 50 sfigati che si ritrovano senza un posto di lavoro debbano essere a Sassari e dobbiamo essere proprio noi?».

E ancora: «Poi giriamo negli ospedali e scopriamo che c’è il ragazzino appena assunto. Le voci che ci arrivano sono di una quarantina di neo assunti, a scapito del personale come noi che aveva maturato esperienza». Ieri hanno ritirato la lettera di licenziamento e faranno richiesta per gli ammortizzatori.

La storia è questa: il servizio per la vigilanza e il portierato delle strutture sanitarie pubbliche sassaresi è stato assegnato tramite il Centro di committenza regionale (Sardegna Cat), con un appalto unico, a un’associazione di imprese guidata dalla Coopservice. E con il cambio, i 50 ex Secur sono rimasti esclusi, non assorbiti dalla nuova gestione. «Non ci muoviamo da qui fino a quando le istituzioni non troveranno una soluzione», assicurano i lavoratori. Fra di loro c’è anche Ivano, 52 anni, tre lustri di onorata carriera da vigilantes sulle spalle, e una supporter speciale: sua mamma Maria, a ottantacinque anni è lì al suo fianco. «Ogni tanto vengo a trascorrere qualche ora con mio figlio e gli altri. Gli porto qualcosa di caldo. Spero che li aiutino a ritrovare un lavoro. Qui fa freddo. E non è un bel Natale».

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