La Nuova Sardegna

Sassari

«Nessuna colpa per il suicidio di Luca»

«Nessuna colpa per il suicidio di Luca»

Processo “Dore”, il fisiatra Piredda: suggerii solo una consulenza neurologica

02 ottobre 2019
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SASSARI. «Io, dipinto come un medico assassino, per aver semplicemente consigliato a un mio paziente di fare una consulenza psicologica». Il paziente si chiamava Luca Scognamillo ed era un 22enne di Alghero morto suicida nel 2012.

Il fisiatra Mario Piredda si sottopone a esame davanti al collegio presieduto dal giudice Mauro Pusceddu nel processo contro 21 imputati (tra medici, familiari di pazienti, dirigenti Asl dell’epoca e un esponente politico) nato a chiusura dell’inchiesta sulla Psiconeuroanalisi, indicata dal neurologo di Ittiri Giuseppe Dore come una terapia rivoluzionaria per sconfiggere l’Alzheimer e altre demenze. Ma, per il procuratore Gianni Caria, in questa cura di rivoluzionario non c’era proprio nulla e per questo, a vario titolo, ha contestato agli imputati i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, abuso d’ufficio, maltrattamenti, lesioni, sequestro di persona.

Mario Piredda, invece, deve rispondere solo di omicidio colposo (insieme ai medici Dore, Marinella D’Onofrio e Mario Lai), reato subentrato in un secondo momento quando la magistratura si occupò, sempre nell’ambito dell’inchiesta sulla Psiconeuroanalisi, della morte di un giovane. Il procuratore è infatti convinto del fatto che in qualche modo Luca Scognamillo sia stato “indotto” a suicidarsi. E lo avrebbe fatto dopo aver frequentato due imputati in particolare: il fisiatra Piredda e il neurologo Dore (che lo incontrò solo due volte). A un certo punto della sua giovane vita da sportivo appassionato di nuoto Luca avvertì infatti un dolore alla spalla e si rivolse a Piredda. Secondo la sua famiglia «Luca cambiò. Diventò più chiuso, trasandato, soggetto ad attacchi di panico».

«Quando Luca venne da me – ha spiegato ieri Piredda, difeso dagli avvocati Elias Vacca e Antonello Pais – aveva un atteggiamento da isolamento, tipico del depresso. Rilevai delle anomalie a livello di comunicazione più che nel comportamento e pensai che per lui fosse più utile una consulenza psicologica. Il paziente parlava a lungo con me però mi diceva che quando tornava a casa stava male. Presentai il caso alla D’Onofrio. Tutto qui. Io sono assolutamente estraneo all’associazione onlus Aion, mai avuto alcun ruolo, nessuna partecipazione. Conoscevo la Psiconeuroanalisi in modo modesto. Ma a seguito di questa inchiesta sono passato per il medico assassino, solo per aver consigliato ai familiari di Luca una consulenza di tipo neurologico».

Nel processo di ieri sono stati sentiti come testimoni anche le due cognate e il fratello di Dore, tutti soci dell’Aion, e la segretaria della stessa associazione «nata con l’unico scopo – ha spiegato in particolare Antonia Cossu – di garantire solidarietà e assistenza ai familiari dei pazienti».

Il presidente dell’associazione Davide Casu a un certo punto fu sfiduciato e si dimise. A precisa domanda del procuratore sulle ragioni di questo fatto una teste ha raccontato di aver saputo che «Casu aveva dato uno schiaffo a un paziente». Il processo è stato aggiornato all’8. (na.co.)

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