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Sassari, assolto ubriaco al volante: l’assicurazione condannata a pagare

di Nadia Cossu
Sassari, assolto ubriaco al volante: l’assicurazione condannata a pagare

Un diciottenne ha un incidente e l’amico ferito viene risarcito con 80mila euro. Il conducente va a giudizio e la compagnia chiede indietro i soldi, ma non li riavrà

01 dicembre 2019
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SASSARI. Il padre del ragazzo poco più che diciottenne era pronto a vendere la casa per racimolare quei soldi che la compagnia di assicurazione gli stava chiedendo indietro. Ma la sentenza di assoluzione del giudice ha scongiurato questa eventualità.

Si è concluso con il verdetto «assolto perché il fatto non sussiste» il processo a carico di un giovane sassarese che era finito a giudizio per guida in stato di ebbrezza. Era al volante dell’auto del padre e trasportava altri due amici quando aveva perso il controllo della macchina ed era uscito fuori strada. Un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze drammatiche. Fortunatamente lui rimase illeso ma uno dei due amici a bordo del mezzo riportò traumi molto gravi e fu trasportato d’urgenza al pronto soccorso dove, tra le altre cose, gli fu diagnosticata la perforazione di un polmone.

Ed è a quel punto che scattò la clausola risarcitoria: l’agenzia assicurativa pagò 80mila euro a favore del giovane “trasportato” rimasto ferito. La questione sembrava essere chiusa lì.

Nel frattempo però si scopre che il diciottenne alla guida dell’auto quel giorno era ubriaco, aveva un tasso alcolemico elevato e questo emerge dagli esami del sangue che gli erano stati fatti in ospedale dove era arrivato insieme all’amico subito dopo l’incidente.

Il ragazzo inizialmente si era rifiutato di sottoporsi agli accertamenti specifici sollecitati dai carabinieri al personale sanitario: «Mi sono opposto – ha detto il giovane in aula – perché non sapevo che sarebbero stati utilizzati per l’indagine. Nessuno mi ha avvisato e poi invece mi sono ritrovato indagato per guida in stato di ebbrezza». Quel rifiuto, infatti, per la legge vale come un’ubriachezza appurata. Per questo era scattata la denuncia e il rinvio a giudizio. Nelle ore successive, durante l’esecuzione del protocollo medico, gli esami ematici avevano evidenziato che effettivamente il conducente aveva un tasso alcolemico superiore al limite consentito dalla legge ma erano comunque dati inutilizzabili.

L’assicurazione viene informata degli esiti investigativi e del procedimento penale avviato e chiede all’intestatario della polizza – ossia il genitore – la restituzione della somma risarcitoria già corrisposta all’amico del figlio rimasto ferito: 80mila euro. In considerazione dello stato di ubriachezza del conducente, infatti, la totale responsabilità del sinistro – era questo il ragionamento della compagnia – doveva ricadere sul titolare della polizza.

Il padre del 18enne si rivolge a uno studio legale per capire se si può fare qualcosa o se sarà costretto a vendere l’unico bene di valore che possiede: la casa. L’avvocato Antonio Secci si mette al lavoro, verifica tutte le procedure seguite dalla polizia giudiziaria e dal personale ospedaliero e scopre che al conducente non era mai stata comunicata la facoltà di farsi assistere da un avvocato. Un cavillo che Secci “sfrutta” in aula davanti al giudice Antonietta Crobu. La legge infatti stabilisce che in quel frangente la persona interessata (proprio per i risvolti penali che potrebbero seguirne) può chiamare un avvocato di fiducia. Possibilità che non era stata offerta però al giovane di 18 anni. Il giudice, accogliendo la tesi difensiva, ha emesso la sentenza di assoluzione. Un verdetto che automaticamente ha fatto decadere il diritto a ottenere la restituzione degli 80mila euro rivendicato dall’assicurazione.

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